UN POMERIGGIO PIOVOSO …..
Sulle scale che inoltrano all’interno della biblioteca Giuseppe De Nava di Reggio Calabria, ove si tiene la mostra fotografica dell’evento disastroso del 28 dicembre 1908, terremoto e maremoto, e che per tale esposizione ho prodotto valida testimonianza in poesia del poeta reggino Matteo Paviglianiti (1/5/1874-11/11/1956), ho incontrato un signore, Giuseppe Caruso, biblio- tecario nella medesima sede, con il quale si è intavolato un discorso sul poeta e sulla bontà dei suoi versi. Questa persona, avendo trovato in un dimenticatoio uno dei libri di “ Don Matteo “ , mi disse che qualche anno fa ha letto, passo per passo le poesie, ai microfoni di una radio locale, Radio Valentina . Da “ ‘U specchiu da vita “ ne trasse la saggezza, la filosofia, la bontà, il profondo sapere, la fede sociale, l’amore per il prossimo ed i rimbalzi rocamboleschi che il poeta aveva trovato nell’uomo, quale essere vivente su questa terra, nel tempo che fu il passaggio tra l’800 e il ‘900. Eppure non l’aveva mai conosciuto personalmente.“ Santu prugressu chi facisti fari, l’umanità facisti mbizzarriri ….” Questi versi estrapolati da “ ‘U prugressu”, poesia pubblicata nel 1938, sommano la vita del poeta ad una nostalgia del tempo trascorso, escludendo dalla propria mente sana e pura lo scempio e le “stupidità” che avevano ridotto l’umanità ad una corsa
sfrenata verso denaro e profitti, quasi volesse ribadire il concetto biblico del “ Dio Denaro ” che tutti trasporta ad avidità, lussuria e perdizione : “quando queste cose accadranno allora è il momento della fine”. Questo era Matteo Paviglianiti, questo era “ Don Matteu ‘u barberi “, questo era il socialista poeta che scrisse le parole, pre-morte, che noi parenti avremmo dovuto far scolpire sul suo marmo tombale :“ Amore, Carità e Perdono sono la mia fede”. Le scrive al presente perché i posteri abbiano a degnarsi di trarne vantaggio da una semplice lapide, quasi a voler dimostrare, pur non credendo ad un inutile “al di là”, che le tombe servono ai vivi come monito : “ purbiri eri e purbiri ddiventi “ e ricordano il defunto sia nelle proprie onorabilità sia nelle proprie imbecillità, quasi una sorta di pessimismo foscoliano descritto nel Carme dei Sepolcri.
Lì per lì, il bibliotecario, Giuseppe Caruso, si fa scoprire nella sua vena poetica e… carta e…penna…esordisce scrivendo d’un fiato :
A MATTEO PAVIGLIANITI
In questa sera
Di gennaio piovoso,
portiamo a vita
la poesia
di Matteo Paviglianiti,
e sintiti, sintiti
era barberi,
ma poesia, bella,
pulita,
e questa pioggia leggera
è contenta
quando noi
accarezziamo il ricordo
Giuseppe Caruso 12-01-2009
Nessuno immagina quanto piacere e quanto orgoglio possa gonfiare il mio petto nel sentire apprezzamenti per il mio antenato, fratello di nonna Antonia che ha messo al mondo mio padre Domenico Marrari. I valori umani si misurano nell’umiltà e con l’umiltà, questo era il pensiero di “ ‘u zzì Matteu” e questo era il termine affettuoso col quale ci si avvicinava a lui, parenti ed estranei vicini.
Ho voluto redigere questa pagina per l’amico Caruso, per rendergli grazie, avendomi onorato onorando un’anima pura(mi si scusi il bisticcio di parole), ma ciò è indicativo che nell’essere di Giuseppe alberga un altrettanto animo nobile che dispone dei veri valori della vita, sapendoli… cucire …. Anche su un pezzetto di carta.
Salvatore Marrari 12-01-2009