Chi
è Francesco Arillotta ?
Laureato
in Giurisprudenza
Giornalista
pubblicista dal 1966
Direttore
Responsabile della rivista di archeologia “Klearchos”
Ispettore
Archivistico onorario
Membro-deputato
della Deputazione di Storia Patria per la Calabria
Autore
di numerose pubblicazioni di indirizzo storiografico, tra le quali:
- “Reggio e le sue strade - briciole di storia
nella toponomastica cittadina”
- “Reggio nella Calabria spagnola - storia di
una città scomparsa - 1600/1650
- “San Giorgio Megalomartire - tradizione e
storia di un culto millenario” - con monsignor Nicola Ferrante
- “Il Palazzo ‘Campanella’ del Consiglio
Regionale della Calabria tra storia e
architettura” - con Domenico Gimigliano
- “Storia del Palazzo della Provincia di Reggio
Calabria” - con Vanni Crupi
- “Repertorio della Carta Archeologica di
Reggio Calabria”.
Così inizia Franco Arillotta (di seguito una
relazione scritta dal suo stesso pugno)
Una
storia ‘ragionata’ del bergamotto, e del suo rapporto unico con Reggio
Calabria, non è stata ancora scritta. In
compenso, sull’essenza di bergamotto sono state scritte sciocchezze terribili.
Il famoso Feminis, che è considerato il padre della moderna profumeria, avrebbe
inventato l’aqua alla fine del 1660; ma egli nasce nel 1666. Lo stesso Feminis
avrebbe tratto l’idea dell’aqua da un soggiorno fra i bergamotteti di Reggio,
nel 1704, quando già a quel tempo egli era diventato ricco
in
quel di Colonia, e a Reggio di bergamotti non ce n’era nemmeno una pianta.
Feminis avrebbe lasciato la formula segreta dell’aqua a Farina, morendo nel
1736, ma Farina costituisce la sua società per la produzione dell’Acqua di
Colonia nel 1714. Per non parlare delle etimologie coniate in proposito, che
fan morire dalle risate…Quanto ai trascorsi storici del bergamotto, va citato
il pittore Bartolomeo Bimbi, che opera alla corte dei Medici agli inizi del
‘700, il quale disegna in un suo quadro un bergamotto, e sul cartiglio scrive
‘pera bergamotta’. Giovanni Targioni Tozzetti, nella settecentesca Relazioni
d’alcuni viaggi, in cui descrive l’agricoltura toscana dell’epoca, afferma che
nelle serre delle ricche famiglie di quella regione, insieme ai cedri, ai
limoni, agli aranci, si trovavano anche piante di bergamotto. Johann Christoph
Volkamer, il botanico tedesco al quale si deve il primo disegno tecnico di un
frutto di bergamotto, lo ha visto nelle
serre e nei giardini pensili dei Maffei di Verona. Nessuna presenza fuori
dell’Italia centro-settentrionale; e nessun accenno alla preziosa essenza.
Tuttavia qualcuno già la ricava dalla buccia, perché, tra fine ‘600 e inizi del
‘700, il vigezzino Giovanni Paolo Feminis, un venditore ambulante di elisir e
tisane, che va in giro per le città e i paesetti attorno a Colonia, vendendo
un’acqua profumata che ricava unendo varie essenze, aggiunge al suo miscuglio
qualche goccia di un olio profumatissimo, ricavato da questo frutto
semisconosciuto, e scopre che esso impedisce agli altri oli eteri di
volatilizzare. E’ un fatto mirabile; ed egli chiamò quel liquido ‘aqua
admirabilis’. Era una fragranza nuova, fresca, contrapposta ai pesanti profumi
usati all’epoca; e andò a ruba, facendo la sua fortuna.
Nel
1709, Giovanni Maria Farina, che era un suo lontano cugino, e lavorava
anch’egli a Colonia nel campo dei prodotti esotici, capisce l’importanza della
scoperta e si mette in proprio, a
livello industriale; nel 1714, egli dà all’aqua un nome che diventerà famoso:
“Kölnisch Wasser”, all’italiana: “Acqua di Colonia”, alla francese: “Eau
admirabile de Cologne”. Nel 1806, un altro Giovanni Maria Farina, nipote del
primo, da Colonia si trasferisce a Parigi, e denomina questo profumo “Eau de
Cologne Jean Marie Farina”. Nel 1818, Antoine Joseph Risso classifica
ufficialmente la pianta di bergamotto: Citrus aurantium bergamia Risso, della
famiglia delle rutacee, sottofamiglia delle hesperidee, genere citrus.
Ma
quando e come è arrivato allora a Reggio questo prezioso albero?
Significativa
è la mancanza di indicazioni di essenza di bergamotto, nei pur minuziosi
inventari cinque-sei e settecenteschi delle farmacie reggine. Fino alla seconda
metà del XVIII secolo, nessun rogito notarile rileva piante di bergamotto nei
poderi di Reggio. Nel primo atto che, nel 1757, cita i bergamotti, il notaio
dell’epoca scrive pergamotti. L’anno successivo, si parla solo di gelsi,
‘ficare’, bergamotta, peri ed altri alberi da frutto. Nel citatissimo atto
stipulato da Nicolò Parisio del Cardinale, che però è del 1760 e non del 1750,
si accenna genericamente a migliorie ai propri fondi, ottenute sistemando
piante di gelso, di bergamotto e di altri alberi fruttiferi. Spanò Bolani
afferma che fu un certo Carlo Menza a portare a Reggio un innesto. Si racconta
di un Valentino che comprò un alberello. Siamo a livello di mere rarità
botaniche. Ma il 21 dicembre del 1763, Giovanni Costantino e Ignazio Candiloro
si impegnano a consegnare, nel successivo mese di settembre 1764, a Domenico
Iaria, dieci libbre ‘di spirito di bergamotto di buona qualità, mercantibile e
recettibile’.
Questo
contratto può costituire l’atto di nascita dell’industria essenziera reggina!
Come
detto, una storia completa e documentata sul bergamotto reggino non c’è.
Però
presto ci potrei mettere seriamente mano. Pianta ed essenza lo meritano.
Ma
il dott. Arillotta ci ha messo veramente la mano mettendo in risalto i nomi dei
primi produttori reggini. La prima piantagione intensiva di alberi di
bergamotto fu opera, nel 1750, del proprietario Nicola Parisio che cominciò, con tre alberi, lungo la costa reggina, nel fondo di Rada dei Giunchi, situato di fronte l'area
dove oggi si trova, nel cuore della città, il Lido comunale Zerbi.
Originariamente l'essenza veniva estratta dalla scorza per pressione manuale e
fatta assorbire da spugne naturali (procedimento detto "a spugna"),
collocate in recipienti appositi (detti concoline).
Nel
1844, si documenta la prima vera industrializzazione del processo di estrazione
dell'olio essenziale dalla buccia grazie a una macchina di invenzione del
reggino Nicola Barillà, denominata macchina calabrese, che garantiva una resa
elevata in tempi brevi, ma anche un'essenza di ottima qualità se paragonata a
quella estratta con la spugna.
Così,
finita la chiara e piacevole relazione, molti sono stati gli interventi per cui
si è aperto un lieto dibattito. In fine, il sottoscritto è stato invitato a
leggere una poesia dialettale, 'U BERGAMOTTU,
scritta dal medesimo e facente parte di una raccolta intitolata " A
ME' TERRA SI CHIAMA CALABBRIA" che si pregia di trascrivere qui di
seguito.
'U
BERGAMOTTU
mentri faciva ‘a leva militari,
era mbrischiatu,
dintra, nta caserma,
cu ggenti
svariata e un tracandali,
a Triesti città
, ma ‘n terra ferma.
E quindi si parrava tra surdati,
ognunu
‘pprizzandu la so' terra,
cu' lingui un
pocu cassariati,
“sparandu” comu
fussimu nta verra.
Partimmu di supra dill'Italia,
cu 'nu figghiolu
di Bergamu città
e si vantava chi
so mamma Flavia,
ntrùgghia 'na
pasta che 'na gran buntà.
'Nu piattu prelibatu 'i
"casunsei"
oppuru
"Scarpinocc" e rraviolini.
'N'autru partiu
di munti 'i Canizei
parrandu di
strudel e caccioffulini.
E scindendu
cchiù sutta nta Calabria,
m’ arricurdai di
nostri rarità;
sicuru e certu e
cu' gran caparbia
scapulai un
discuru sull'acerbità.
Mi misi mi nci
parru 'i bergamottu...
mi curriggiu 'nu
stortu...scenziatu:
"si dice
bergamasco” ‘u giuvinottu !"
Ed'eu lu vardai
paralizzatu.
Allura nciu
spiegai...santa pacenza,
chi si trattava
d'un fruttu prelibato,
pi allargari,
appuntu, la so' scenza,
di pulentuni
stortu e sbinturatu.
" Vu spiegu
a tutti, si ndaviti gnegnu,
‘u bergamottu è
n'agrumi rraru,
è dittu : Figghiu di lu
Patriternu,
vu’ dicu e vu’
ripetu, m'esti chiaru !
Rientra nta
rrazza citrus-limuni,
vu staju ricendu
cu’ li me' palori,
mi vi prisentu
'sti frutti non cumuni,
gialli e
virdeddhi chi non su' citroli.
L'origgini
rrisali e’ tempi ggiargianisi,
quandu nta conca
di la Rrada Giunchi,
pì primu, lu
chiantau...Cola Parisi,
nta terra
riggitana e cu' ddu tronchi.
'A prima
sprimitura 'a fici 'n'autru Cola,
chi di cugnomu faciva Barillà,
fici 'na
machina, e fu capuscola,
p'aviri ‘a
matr’essenza…’a ”sanità ".
Nci parrai ri
tempi antichi riggitani,
nci rissi chi lu
fruttu crisci 'ccà
e non ad'autri
parti afrucubbani,
nciù rissi jeu e
non quaquaracquà.
"Un primatu
chi n’ebbi mai l’eguali,
nta Riggiu, sulu
l'ebbiru 'i Vilardi,
chi rricavaru
l'ogghiu ‘ssenziali
e vu mandaru a
vui storti lumbardi.
E' ura mi finisciu
'stu discursu -
nci rissi 'e
citrola e 'o tracandali -
'u bergamottu,
pi vvui, fors'è 'nu lussu,
'e riggitani,
mbeci, nci caccia 'u speziali ".
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