Il Lido di Reggio Calabria è una rinomata zona costiera situata nella città di Reggio Calabria, in un piccolissimo golfo denominato “Rada Giunchi”, situato nella punta meridionale della Calabria che fa parte dell’Italia. Ecco alcune informazioni generali sulla zona: Il Lido comunale di Reggio Calabria, Lido “Genoese Zerbi”, è famoso per le sue ampie spiagge di sabbia, ideali per prendere il sole e fare il bagno e per i suoi passati di gloria che non sto certo qui a ricordarne i particolari. La costa offre una vista panoramica sul Mar Ionio, e il clima mediterraneo della regione favorisce giornate piacevoli lungo il litorale. Una delle caratteristiche più suggestive che ha questa spiaggia di Reggio Calabria è la vista sullo Stretto di Messina che, più storicamente, il prof. Pasquale Amato definisce “Stretto di Scilla e Cariddi” che separa la Calabria dalla Sicilia. Da qui, si possono ammirare i traghetti e le imbarcazioni che attraversano il canale. Vorrei dire, ma non posso, che la bellezza naturale della zona, unita alla presenza di strutture turistiche e servizi, rende questo sito una destinazione apprezzata sia dai locali che dai visitatori che desiderano godersi il mare e l'atmosfera mediterranea, ma non posso proprio. In atto c’è un abbandono totale che da circa un ventennio incombe su Reggio per la politica di scarso valore e per stupide prese di posizione di amministratori incapaci che ha sulla coscienza un popolo di comari e compari. La pesca è una delle attività tradizionali più importanti a Reggio Calabria, data la sua posizione costiera e la ricchezza del mare Ionio. I pescatori locali svolgono un ruolo fondamentale nell'approvvigionamento di pesce fresco per la comunità locale e contribuiscono alla tradizione marittima della regione. Ecco alcune informazioni generali su questi operatori a Reggio Calabria: in città e nella provincia, i pescatori praticano diverse tecniche di pesca, tra cui quella con le reti, con il palamito, con la nassa, particolare quella del pesce spada effettuata con le “spatare”, barcacce speciali che operano a Scilla e Bagnara Calabra. Ogni tecnica è adattata alle specifiche caratteristiche delle acque locali. La città è dotata di porti e banchine dove le imbarcazioni dei pescatori attraccano dopo le loro uscite in mare. Questa bella attività, a Reggio Calabria, come in molte altre comunità costiere, è un elemento chiave della vita locale, con una storia ricca e una forte connessione con la cultura e l'economia della regione. Pescare in barca a Reggio Calabria è un'attività popolare, considerando la posizione costiera favorevole della città e la ricchezza delle acque del mare Ionio. Ecco alcune informa-zioni sulla pesca in barca a Reggio Calabria: i pescatori che si calano sui loro natanti utilizzano, come prima detto, diverse tecniche a seconda del tipo di pesce che stanno cercando. Le acque intorno alla città offrono una varietà di luoghi agli operatori che possono dirigere le loro imbarcazioni verso zone dove si concentrano diverse specie ittiche, garantendo una pesca più efficace. Le acque di questo mare ospitano una vasta gamma di specie ittiche; i pesci più comuni sono alici, sarde, boghe (ope), costardelle, sauri, cefali, saraghi, orate, spigole, tonni, pesce spada, teuthida o cefalopodi che, comunemente, sono detti calamari o totani e molti altri, a seconda della stagione e delle condizioni del mare. Perché tutto questo prologo ? Un motivo c’è ed è importante per il personaggio che sto per descrivere, Vincenzo Calafiore pescatore di professione per discendenza e tradizione di famiglia. Vicenzu, per gli amici, di età non definita, non gliel’ho mai domandata, è nato a Reggio Calabria presso i baraccamenti dei pescatori della zona lido e che, un tempo, esistevano in tutta quella parte di costa che andava in continuità da Calamizzi sino a Catona. I suoi avi, Calafiore, come d’altronde l’altra famiglia dei Morena, erano presenti in quei luoghi sin dal 1700, come racconta il nostro soggetto, barcaioli e pescatori di professione Da come lui dice schiettamente afferma : “Sono nato al lido di Reggio mentre mio padre era in mare e mia madre mi partorì con l’aiuto delle altre donne dei piccoli baraccamenti, in quella storica Rada Giunchi di cui si parla tanto, per sentito dire, nei libri di scrittori e poeti reggini”. Orgoglioso del suo passato, della sua discendenza, del suo attuale lavoro che svolge con l’aiuto di un figlio e giovani nipoti (la tradizione continua), ci dice anche che la notte, sebbene abbia un’età, scende an-cora in mare con la sua piccola ciurma e, tornati a terra con il pescato, qualunque esso sia, si attarda nella mattinata, nel loro piccolo “porto”, a vendere tutto ciò che il mare gli ha offerto col frutto del duro e amatissimo lavoro. Certamente, da ciò che ho visto e vedo, quando passo da quel luogo, Vincenzo nel fare commercio, cura la pulizia dei pesci in tutto e per tutto (nel nostro dialetto di dice “i nnetta o i pulizza) prima di darlo ai clienti, i quali, generalmente, sono amici registrati in un suo quaderno, con il numero di telefono per le eventuali prenotazioni. Tutto ciò che ho notato nei tanti anni che conosco il sig. Calafiore, l’ho registrato nella mia memoria e continuo a farlo ogni qual volta io passi dal suo “porticciolo”…Certamente non compro tutte le volte che ci vediamo, infatti mi reco in quel punto spesso, dopo aver fotografato il mare, i monti della dirimpettaia Messina o comunque della Sicilia che affacciano sullo stretto rispecchiandosi nelle acque del litorale reggino ( il grande passatempo che curo da più di sessantotto anni, da quando ne avevo dodici, visto che in atto ne ho già compiuti ottanta nello scorso settembre 2023). Ci facciamo delle lunghe chiacchierate sull’argomento politica, sulla città, sulla gente che lì frequenta e dei quali conosce vita, morte e miracoli, mentre lui pulisce il pesce per qualche cliente o fa manutenzione nella baracca, sui barconi da pesca o, ancora, mentre intreccia o ripara reti di profondità. Il posto è un angolo felice sulla sabbia della battigia, pregno di buon odore di mare e di freschissimo pescato, mentre nelle orecchie si sente il con-tinuo rumore della risacca se c’è vento, se, invece, è tempo di “bonaccia” o di leggerissima brezza, si ode il “silenzio della pace” e il garrire (o stridio) dei gabbiani che a centinaia affollano quella riva. Spesso mi sono domandato perché solo in quel piccolo sito, quello del nostro buon Enzo pescatore, intendo, si ammassano questi uccelli che a momenti si trasformano in rapaci che si tuffano a testa in giù in quelle acque. Bene, la risposta l’ho avuta questa mattina 9 gennaio 2024, dopo il mio solito giro fotografico a caccia di immagini particolari o, come si suol dire, a fissare l’attimo fuggente, son passato a salutare l’amico e vedere cosa avesse di buono pescato. Naturalmente puliva delle orate e delle boghe, la pesca della notte, per delle persone che attendevano finisse e gli fosse consegnato l’acquisto. Saluto, normale e solito, io con la mano destra, lui con l’avambraccio con le maniche arrotolate perché non mi sporcassi, poi la solita e bella chiacchierata, ma interrotta, questa volta, da una sua precisa domanda:”Vi vitti chi ‘nci facivu fotografii a ssi morti ‘i fami ‘nta ll’aria” (Traduco : “Vi ho visto fotografare questi morti di fame che sono in aria”); si riferiva ai gabbiani che volavano facendo grandi giri sul mare sin sopra le nostre teste e poi aggiunge :” Ora vi fazzu vidìri, doppu chi mi sbrigu, comu mi canusciunu e pirchì ‘spettanu bbulandu ‘cca supra ‘i nui” (Traduco : “Adesso vi faccio vedere, dopo che avrò finito, come mi conoscono e perché aspettano volando sopra di noi”. Attendo e quando lui, sornione e con un mezzo sorriso, raschia il piano di lavoro gettando gli scarti di squame e teste dentro un bidone sotto il tavolo, mi invita a seguirlo sulla battigia e mi fa segno di riprendere il suo operato, mentre centinai di gabbiani ci seguivano col forte loro garrire, come fossero in prima linea per farsi guerra o per giungere ai primi posti. Lo vedo gettare quei rifiuti sanguigni in acqua e succede il finimondo…si tuffano, si beccano, vanno in picchiata come aerei da combattimento, si rigirano nell’aria per poi rituffarsi e beccarsi tra di loro…il rumore delle loro ali è simile a quello di aquile o di falchi che si abbassano per predare, un vero scompiglio mentre li filmo, pago di uno spettacolo mai visto e lui, Vincenzu sorridente, si sente ancora più appagato essendosi accorto della mia meraviglia e della grande gioia che provo mentre incamero immagine su immagine. Quanta bellezza mi ha donato la natura in questa mattina ! Come ringraziare la semplicità di un uomo che vive il mare pur lavorando ancora in età matura ? Tornando a casa, dopo aver fatto il mio solito piccolo acquisto di due orate e una quantità di boghe (ope per noi reggini), mi sono detto che, quell’ora circa tra-scorsa nella Rada Giunchi, a contatto di un personaggio degno di tanta attenzione per il suo lavoro e per la storia che rappresenta, nell’umiltà (nel senso buono della parola) del suo essere e della sua tanta intelligenza e capacità, meritava la scrittura di qualche rigo, un piccolo racconto, abbinato ad alcuni miei scatti fotografici che hanno immortalato quei bellissimi attimi che, certamente, avranno un posto speciale in un mio prossimo libro. Grazie amico Vincenzo Calafiore, grazie per quanto mi avete dato (uso il voi come si fa dalle nostre parti), nelle mie pagine sarete “pescatore di verità” e il vostro ricordo sarà applaudito da quegli amici a cui regalerò, dopo essere andato in tipografia, il libro che conterrà queste mie descrizioni.
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