MARRARI…UNA PICCOLA STORIA
Quante volte nella vita e nelle storie umane è accaduto che qualcuno abbia avuto voglia di scoprire le origini del proprio cognome ? L’araldica la dice lunga e, spesso, racconta bugie su bugie per rendere pago e felice chi si affida a tali ricerche per motivi di orgoglio in concorrenza con la modestia dei più. Io non sono uno di quelli, ma uno dei tanti e, quindi, vorrei, amerei, che i miei figli conoscessero le nostre origini e quelle del cognome che noi portiamo : Marrari.
Questa parola di sette lettere prende forma dalla lingua greca di Calabria; viene da “Marro” che vuol dire “roccia”, ”terra”, ”fango”, importata dai calcidesi, i greci che colonizzarono le sponde e l’entroterra reggino e le zone della sua provincia, Bova, Condofuri, Palizzi, Fossato Jonico, Gallicianò, Monasterace, Bivongi, che ancora oggi usano il linguaggio greco nella comune espressione dialettale.
Calcide o Chalkida (in greco Χαλκίδα, Chalkida) è una città della Grecia ed è capoluogo (circa 60.000 abitanti) dell'isola di Eubea, ha una storia antichissima. Le sue prime tracce abitative, secondo le scoperte archeologiche, risalgono al paleolitico e la sua prima forma di città risale all'inizio del neolitico, attorno al 3.000 a.C. Viene citata da Omero nell'Iliade; secondo il poeta, Calcide ha partecipato alla spedizione di Troia con 40 navi comandate da Elefenore. Fu abitata da genti di stirpe jonica. I Calcidesi fondarono numerose colonie nel Mar Mediterraneo soprattutto in Italia meridionale e in Sicilia, stringendo intensi legami commerciali e culturali con gli Etruschi che impararono ad usare, come alfabeto, quello Calcidese. All'inizio dell'VIII secolo a.C. nacquero: Kallipolis (Giarre) , Katane (Catania) , Kymai (Cuma) , Leontinoi (Lentini), Naxos, Giardini Naxos , Pithecusa (Ischia) , Reghion (Reggio Calabria), Zancle (Messina) . Queste popolazioni, nella città di Reggio Calabria, si allocarono alla foce del torrente Calopinace , su quella sponda che ancor oggi si chiama Calamizzi. IL promontorio, Punta Calamizzi, anticamente Pallantiòn (Pallanzio) o Promontorio Reggino, era una lingua di terra che si inoltrava per circa due chilometri nel mare (inabissatasi nel XIV secolo) su cui fu costituito nel corso del II millennio a.C. il primo nucleo abitativo dell'antica città di Reggio Calabria. Presso questo largo sito vi era la foce del fiume Apsìas (oggi fiumara Calopinace), mentre il promontorio stesso, riparo naturale dai venti e dalle correnti dello Stretto, costituiva l'antico porto di Reggio. Con il nome di Calamizzi viene oggi invece indicata la spiaggia che si estende a Sud del Calopinace, e che oggi conserva tale nome appartenuto in origine a quella zona non più esistente.
L’espansione verso le colline e i monti del reggino di queste genti , fece sì che arrivassero a Pentidattilo, Montebello, Valanidi, Arasì, Ortì, Podargoni, ove ancor oggi esistono discendenze di Marrari, Marra, Marrara, Marrapodi la cui origine è, dunque, prettamente greca. Vero è che, in queste zone, la parola “fango” viene detta e pronunciata “marreddha”. Il nostro ramo, il mio, è quello di Pentidattilo, ove i Marrari erano tra i vassalli del marchese Domenico Alberti.
Il termine vassallo, apro una parentesi per i non avvezzi a tale espressione, viene dal latino medievale vassallum, derivato da vassus di origine germanica e da gwass, che significa "giovane"; s’intende, cioè, colui che, in qualità di concessionario, riceve dal sovrano (il concedente) l'affidamento di incarichi amministrativi e, contemporaneamente, la gestione di territori, prestando, in cambio, un giuramento di obbedienza e fedeltà, oltre allo svolgimento delle funzioni amministrative delegate dal sovrano.
Tornando alla storia, morto il marchese Domenico gli succedette il figlio Lorenzo, il quale fece il grande torto al Barone Bernardino Abenavoli di Montebello Jonico a non dargli in sposa la sorella Antonietta, già precedentemente promessa al nobile dal padre prima della morte. Si accende l’odio e, dai ferri corti, si passa alla guerra totale e la famiglia Alberti viene annientata da una strage perpretata di notte, improvvisa, dagli Abenavoli. Ritiratosi a vita privata l’erede del marchese, i Marrari, per regalo dalla discendenza, ebbero e si divisero le terre del circondario, precisamente quelle a destra del paesino, guardandolo frontalmente, dal cimitero sino a valle . Il mio nonno paterno Domenico, proveniente da quella origine, era nativo di Melito Porto Salvo ed emigrò a Reggio ove fu ferroviere presso la stazione centrale; sposò, da vedovo con tre figli (Francesco, Fortunata, Giovanna), Antonia Paviglianiti e da lei ebbe altri figli : Marianna, Clementina, Santo, Amedeo, Domenico(mio padre), Emilio. IL fratello di mio nonno, Giuseppe, preferì spostarsi a Montebello Jonico (residenza primitiva della di lui consorte di cui non conosco il nome), per cui, da quel centro montano, partì un altro ramo di Marrari.
Quando fui mandato a reggere il piccolo ufficio postale di Annà di Melito P.S., moltissimi omonimi di zona, venuti a conoscenza del mio cognome, vollero conoscermi e capitarono, tra questi, un signore avanti negli anni, Francesco, figlio del prozio Giuseppe di Montebello, abitante a Penti- dattilo e sua sorella Lucia Marrari, proprietaria terriera, abitante anch’essa a Pentidattilo. Quest’ultima, rimasi sorpreso, aveva una forte somiglianza, direi gemellare, alla sorella, Marianna (zia Nannina), di mio padre; capelli bianco latte, colorito roseo, viso tondo e luminosissimi occhi azzuri, non rari nella famiglia di mio padre, quattro di loro avevano negli occhi il colore del mare. Ultimamente, tramite la rete di Facebook, feci cono-scenza con Maria Ines Marrari nata in Argentina, da genitori di Melito P.S. emigrati in quello Stato e, venendo lei in visita presso i parenti del padre, mi fece conoscere Rosario Marrari e la sua famiglia che la ospitavano nella loro casa di contrada Pallica, orbene, Rosario, discendente anche esso da Pentidattilo, ha gli occhi a zzurri e una strana somiglianza con uno dei fratelli di mio papà, zio Santo. Credo, dunque, che i caratteri somatici non possono smentire le notre dirette discendenze e affinità. Nel raccontarvi queste realtà, ci ho messo tutta l’enfasi possibile per la tenerezza che ho provato verso tutti i mie parenti Marrari, la cui origine umile, di persone sane ed oneste, si è tramandata sino ai nostri giorni grazie anche al Buon Dio che ci ha resi e tenuti sempre tali.
Ciaoooo Parenti ! Siate fieri di questo cognome.
Salvatore Marrari RC 8 febbraio 2010