martedì 7 dicembre 2010

PODARGONI, UN BORGO IN ABBANDONO


















Se  un uomo, uno dei vecchi "pudargunoti", così sono chiamati gli abitanti nel nostro dialetto, morto cento anni fa, avesse la possibilità di tornare in vita, su questa terra, con una miracolosa resurrezione, rimarrebbe di certo profondamente impressionato e sconvolto dal deserto esistente nella sua Podargoni e anche dalla vita dei nostri giorni. Nello stesso tempo avrebbe la possibilità di conoscere la formazione di una nuova e piccola foresta, vedrebbe le liane tra le vecchie case abbandonate, una natura selvaggia invadere quelle aree che un tempo erano abitate e civilizzate, vedrebbe strade tortuose e impraticabili. In questa frazione, delizioso borgo quasi totalmente abbandonato, ci vivono stabilmente tra le 30 e le 40 persone, praticamente nel fondovalle del torrente del Gallico, a circa 500 metri di altitudine, circondata da vette che superano i mille metri di altezza, siamo in zona preaspromontana.
A seguito di una perizia, ahimè,  fatta da un geologo, scatta un allarme non di piccole proporzioni : il costone che si trova a monte della strada non è stabile, rischia di franare da un momento all’altro". E così, che nell'anno 2008 viene chiusa ufficialmente l'unica strada provinciale, cosìcché, l'autobus di linea, unico mezzo pubblico, economico e funzionale è costretto a fare capolinea nella vicina frazione di Schindilifà, non va oltre e i nostri cari paesani, per raggiungere la città, Reggio Calabria, devono percorrere circa 2km a piedi per raggiungere l'aspromontana strada Gallico-Gambarie e prendere la corriera extraurbana che impegna più tempo e maggiori costi. Si diceva che la strada dianzi menzionata è ufficialmente chiusa, ma in effetti ci passano ugualmente tutti i mezzi privati eludendo la segnaletica.
Podargoni è l'esempio tipico di vecchie aree grecaniche in abbandono per incapacità politiche o perché i costi di manutenzione sono considerati esosi per i servizi che si devono a poche poche persone. Tutte queste cose c'impongono riflessioni e mutamenti, perché non ne abbia a soffrire una terra come la Calabria, in cui sono tantissime le grandi occasioni di rilancio e sviluppo che non vengono sfruttate. Se la Calabria è annoverata tra le regioni italiane, come tale, dovrebbe avere gli stessi diritti delle altre, del Trentino o della Lombardia, anche queste hanno piccole frazioni interne e montane, ma funzionali; Podargoni stessa sarebbe da considerare alla stessa stregua di quei piccoli villaggi nordici a parità di abitanti, questo borgo chiede i diritti spettantegli perché i doveri verso lo Stato li espleta comunque, bene e sempre.
Podargoni è un borgo davvero delizioso e, se fosse ben collegato con le zone costiere, potrebbe avere il territorio valorizzato con il ritorno dei suoi emigrati e, in qualche maniera, diventare un ritrovo artistico, turistico e culturale di tutto rispetto, soprattutto per la posizione e la natura che lo circondano, creandosi, anche, un turismo naturalistico, di fascino suggestivo, come dimostrano i vicoletti e le vecchie pittoriche abitazioni. Passeggiando tra queste stradine si odono suoni di campagna, lo scorrere della fiumara del Gallico, il canto degli uccelli passeracei, cardellini, canarini, pettirossi e capinere, si respira il profumo della storia e l'essenza di chi, in questo posto, ha lavorato per la vita dei secoli, si, perché qui il tempo sembra essersi fermato. Sembra un paese fantasma come lo sono Pentidattilo e Rogudi che, ad oggi, rappresentano le occasioni sprecate di sviluppo e valorizzazione di cui si parlava poco fa.
Le 1.500 persone che ci abitavano sino alla metà del secolo scorso, non troppo lontano, non sono più ed i loro figli e figlie non hanno più trovato la forza di vivere in questo, pur splendido, posto senza più i minimi servizi essenziali, scuole, poste, trasporti, sanità, farmacie, elettricità e acquedotto( L'acqua in casa e la luce erano arrivate tra il '50 ed il '60 ).


Eloquenti sono le immagini che scorrono veloci, che vorrebbero abbracciare in pochi istanti, secoli di vita vissuta con i segni tangibili di una popolazione di laboriosi artigiani, agricoltori e pastori, ma anche di intellettuali.
Siamo in un luogo splendido, lungo il ciglio della strada uliveti pronti alla raccolta delle olive, il profumo è intenso, la bellezza del posto non cozza affatto con la natura e le sue spontaneità e le immagini delle vecchie abitazioni sembrano non contrastare con lo splendore dei colori della natura medesima, dei suoi profumi, delle sue tonalità. E piccoli "santuari" improvvisati, tra le vie del borgo, dove la gente vive la propria fede, sono posti a servizio di chi, la sera, al vespro, vuole recitare una preghiera, una richiesta, per i figli lontani emigrati, forse in altro continente, perché Podargoni è stata abbandonata dagli uomini ma non è stata abbandonata da Dio.
Dai colli più alti fanno capolino i vicini paesi, le comunità di Santo Stefano e Sant’Alessio d'Aspromonte, così come il corso della fiumara del Gallico ed un fantastico, tra i tanti e numerosi, mulino ad acqua. Torniamo in città, ci inoltriamo verso Reggio Calabria, verso il mare dello stretto, tra Rhegion e Zancle, ed ancora un panorama grandioso ci riempie di orgoglio, l'essere stati, e forse lo siamo ancora, cittadini dello splendore calabro-greco, quella civiltà descritta sui libri di storia, partita dalla Calcìde per abbracciare le sponde joniche e tirreniche della nostra bella penisola, la Magna Grecia.
La frenesia, il tram tram cittadino, il traffico automobilistico ci esauriscono e ci innervosiscono, pensiamo di fare "macchina indietro", tornare in quell’idilliaco mondo rurale basato su ritmi impressi dalla natura, dove contano ancora le stagioni, dove l’aria è ancora pulita ch'è un piacere respirarla ed, a pieni polmoni, volgiamo lo sguardo al cielo per ringraziare il Buon Dio di ciò che ci ha regalato.
Crediamo che Podargoni vivrà ancora...forse...nei nostri più bei ricordi.