lunedì 4 giugno 2012

'U ZZI' MILIU CACCIATURI





COME ERAVAMO...PERSONAGGI REGGINI : 'U ZZI' MILIU CACCIATURI di Salvatore Marrari
Viva la caccia, abbasso la caccia...non è questo che ci interessa nel racconto che segue, ma le storie che il caro e vecchio zio Emilio Marrari, fratello di mio padre, ci raccontava quando ci riunivamo a casa della sorella Annina maritata in seconde nozze a Ciccio Cara, personaggio esuberante, allegro e, per certi versi, fantastico, chef di professione, trasformista e ipnotizzatore in piccoli spettacoli del Rione Ferrovieri degli anni ’30. Dunque questo grande e preciso punto di riunione per fratelli, sorelle e nipoti, era come un’abitazione da “mecenate” ove si privilegiavano le arti di taglio e cucito(la zia ne era una specialista), di poesia e cultura(per i poeti che frequentavano Don Matteo Paviglianiti), di musica (per il complesso che provava e riprovava, nel cortile, sede estiva e nel salone, sede invernale, organizzato da mio cugino Umberto Cara, lui alla chitarra battente, Tanino Campolo alla fisarmonica, Ninu Autellitano’( ‘u scarparu, detto Naschiareddha) alla batteria e Cecè Manti alla chitarra accordante. Erano i primi anni '50 e la zia oltre che avere, in Via Macello, quasi sotto le scalette del Ponte Calopinace, una casa spaziosa con un grande cortile, aveva uno dei primi televisori giunti a Reggio Calabria, il primo nel Rione Ferrovieri ed il terzo nella città(gentile dono del genero imprenditore padovano Beppe Fasolo), per cui tutti ci si riuniva in massa, portando al seguito borse di cibi vari e bevande sopraffine, sin dal tardo pomeriggio e fino a che il piccolo schermo, dopo aver lautamente cenato e dopo aver visto il LASCIA O RADDOPPIA di Mike Bongiorno o il TELEMATCH di Enzo Tortora, non ci dava l’ultima visione consistente in immagini di nuvole che scorrevano con la fatidica scritta : RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA - FINE DELLE TRASMISSIONI. Come dianzi accennato, questa era anche la casa del nostro prozio Matteo Paviglianiti e della di lui sorella, mia nonna paterna, Antonia Paviglianiti Marrari. Ciò da’ l'idea di quanto fosse, veramente, un’abitazione patriarcale dove, tra un chiacchiericcio, una critica, tanti pettegolezzi, un tresette e una briscola, i racconti del buon zio Emilio erano al centro dell'attenzione di noi tutti ragazzi e ragazzini del casato. Si da’ il caso che il parente era stato in Africa Orientale nel periodo bellico, con la qualifica di motorista e collaudatore pilota di aerei, e si da’ anche il caso che la sera di ogni martedì(se non vado errato dal 7 febbraio 1956 sino a tutto il 1964) il piccolo video mandava in onda una trasmissione di zoologia, "L'AMICO DEGLI ANIMALI", condotta dal famoso Angelo Lombardi, Bianca Maria Piccinino e l'aiutante ascaro, Andalù, preposto a prendere o rimettere animaletti e serpenti in gabbia( da qui ebbe origine la frase : Andalù portalo via), allora, di riflesso e con la spinta maturata dai ricordi, partivano i racconti che si coglievano dalla dolce bocca dello zio che s’intrecciavano su battute di caccia e speciali safari con le ampie e dettagliate spiegazioni sulle abitudini degli animali e gli uccelli della savana mentre , noi tutti, pendevamo da quelle labbra su cui, ogni tanto poggiava il giro di un bicchiere colmo di vino, che veniva bevuto e sorseggiato a piccole quantità, insomma l'ambiente era caldo, tranquillo, allegro.  D’inverno il riscaldamento era prodotto da svariate "conche di braciere" con poggiapiedi in legno, attorno ai quali ci si sedeva, facendo a gara che si capitasse più vicino possibile a quella cara persona che ci faceva sognare con i suoi polposi e lunghi racconti di guerra e di caccia grossa , simili  alla favola di “Tartarin di Tarascona alla caccia dei leoni” dello scrittore francese  Alphonse Daude. Ma Emilio Marrari, di fatto, era un vero cacciatore, ma di uccellini e piccola selvaggina e, quando si liberava dal servizio ferroviario(macchinista delle gloriose FS con la bella divisa grigia e le mostrine argentate), senza tante pretese, a piedi o in bicicletta, transitava a fianco dei binari del treno verso il sud della città, non ancora popolata se non da case coloniche e grandi orti coltivati a fave, piselli, melanzane, pomodori e peperoni, portandosi sotto il muro del Torrente Sant'Agata, aspettando la passa o " 'a bbulata ri' cucciardi "(le allodole) o dei tanto desiderati " adorni "(i falchi) che il piccolo aereo da turismo del glorioso Aereoclub locale, l'unico per quei tempi, faceva disperdere e volare dai prati attigui alla pista di decollo. Quello era un momento cruciale, si bisbigliava : " I bbulau...alliccà...jasa 'i canni "(le ha volate...eccole qua...alza le canne) e dopo che le mirate scariche di doppiette erano esplose, arrivava, puntuale, lo scherno di chi aveva colto qualcosa verso coloro che, invece, "avivunu fattu sulu bumbula"(avevano fatto solo bum bum). Lo zio era tra questi, schernitori o scherniti, e spesso con lui, c'eravamo anche noi, ragazzi al seguito, con il compito di portatori, non di selvaggina, ma delle pesanti borse con le cartucce, aspettando il momento che " 'u zziu  ndi faciva sparari cacchi botta " ( lo zio ci facesse sparare qualche colpo). Si era quasi alla foce del torrente per cui l'alveo era grandissimo e li, in mezzo, preparavamo il campo di tiro con le sagome da colpire...bastoni di vecchie scope abbandonate con in cima " 'na buatta i cunserva"(l'involucro del tanto amato concentrato di pomodoro Cirio) ed, a turno, imbracciando la doppietta calibro dodici, sulle cui canne lo zio aveva inciso*, con le sue proprie mani, una bella e precisa rosa, si sparava "ai leoni e alle gazzelle" che l'amato parente, ci aveva tanto inculcato nella mente facendoci sognare, appunto, di essere a nostra volta i Tartarin della situazione. Spesso il vento, il famoso libeccio che soffia da sud-ovest, che dalle nostre parti non è raro soffiare, ci impediva di fare bottino e, altrettanto impediva a noi ragazzini il posizionamento " ri landi 'i sparari " ( delle lande da colpire), quelle “sagome” già dianzi citate, allora si ripartiva, a piedi, per un malinconico ritorno a casa, giocoforza, rifacendo a ritroso il percorso sul viottolo che costeggiava i binari, per uscire e imboccare la strada principale, da un passaggio a livello custodito che portava su di una viuzza (oggi viale Aldo Moro o Viale V° come dir si voglia), sulla cui massicciata di pietre laviche, attigua alla sbarra, v'era un'osteria " DA ANGELO NERI ", il cui proprietario, probabilmente, e il ferroviere assuntore a guardia di quell'attrezzo che impediva il passaggio, erano la stessa persona che faceva, come si dice a Reggio, "Casa e Putìa"(casa e bottega). Era questo il posto dove tutti i cacciatori sconfitti, sconfitti si fa per dire, si ritrovavano a spararle grosse tra " 'nu bicchereddhu 'i vinu, 'nu biscotteddhu 'i ranu, cacchi pumaroru sicca, ddu mulingiani salati e 'na ffetticeddha 'i furmaggiu musciu "( tra un bicchierotto di vino, un biscotto di grano, qualche pomodoro secco, due melanzane in salamoia e una fettina di formaggio pecorino molle); lo zio in prima fila, calmo e placido, non restava mai indietro e rimescolava i suoi racconti di guerra ai safari africani, alta, distinta, geniale caccia grossa, allorché la Patria l'aveva mandato in quella parte d'Africa, lui proprio lui che, adesso, sparava le sue bombe oltre che a noi nipoti, anche a quei poveri, esterrefatti e indifesi astanti che le conoscevano una ad una, per averle sentite più volte, quelle sue veloci scorribande a bordo delle auto militari, nella grandissima e infinita savana. Ma più grandi erano le balle che lui, sornione e con gusto, poggiava sul tavolino di Angelo Neri, prendendo tutti  in giro, tra i bicchieri vuoti o semivuoti che aspettavano di essere riempiti con la classica " bucaletta " da un litro e mezzo che l'oste poggiava sempre al centro del tavolo e “dintra ‘a spasa r’acciaju”(dentro il vassoio d’acciaio). Ma qualcuno che aveva capito l'antifona, menata con arte dal nostro caro zio, ancor più sornione del fine dicitore e per farlo "tornare in Italia", sbottava : " Don Mìliu, mentimu 'i peri nterra, comu mai oggi non sparastuvu nenti, mancu 'na pinna ?" (Signor Emilio, poggiamo i piedi a terra, come mai oggi non avete sparato nulla, neanche una penna) E lui, di rimando, ridendo sotto i neri baffetti :" Caru meu...libbici mai bbeni fici ! "(Caro mio...il libeccio non porta beneficio). Per promemoria e per amore di cronaca, chi seguiva lo zio sotto il muro dell'aeroporto, eravamo io, mio fratello maggiore Antonio detto Mimmo, nostro cugino Umberto Cara e Mimmo figlio del medesimo zio cacciatore; in qualche rara occasione ci seguiva lo zio Amedeo Marrari, fratello maggiore di Emilio e di mio padre, per il quale mi riservo di immortalare la sua degna e pacata persona in altra eventuale scrittura. 
Chissà, ancora oggi, quante balle vengono raccontate dai cacciatori reggini o pseudo tali, equipaggiati in modo migliore, con attrezzature speciali e fucili a più colpi e non "rranciati" come quello * di zio Emilio e dei suoi amici. Certamente le sparano, se non più grosse, con egual calibro di quelle che in ogni tempo furono e saranno sempre sciorinate a…ripetizione, come i colpi dei loro buttafuoco modello "Rifle" e senza essere stati mai in Africa Orientale. 


*( Emilio Marrari riparava da se i fucili, ricostruiva i pezzi metallici, riusciva persino a fabbricarsi le canne d'acciaio usando il tornio e le attrezzature del Deposito Locomotive di Rione Pescatori, ove era ed è tutt'ora, alquanto malconcio e dismesso, ubicato, le progettava talmente precise e levigate che non avevano nulla di cui “vergognarsi” al cospetto delle famosissime tedesche Essen)
Reggio Calabria 23 maggio 2012 ore 16,55

venerdì 1 giugno 2012

L'AMICIZIA NON HA ETA'








L’AMICIZIA NON HA ETA’...di Salvatore Marrari (pagina dedicata ai familiari di un vero amico)
Questa è l’ultima  pagina della mia pubblicazione "I MIEI PENSIERI NOTTURNI", aggiunta per un finale triste, ma di grande speranza. Proprio adesso, sfogliando la home di Facebook,  mi giunge notizia che un amico, un fratello maggiore, Antonio Ambrogio(Totò), non è più. La  nostra conoscenza, epistolare, risale a circa tre anni or sono, quando  mi scrisse inviandomi  una foto che riguardava il mio prozio Matteo Paviglianiti, poeta dialettale e filosofo reggino, a cui avevo fatto dedicare una serata di commemorazione dalle autorità comunali, con l’organizzazione dell’Unione Nazionale Scrittori di Reggio Calabria. Totò ne aveva saputo i contenuti e, pur vivendo a Padova, volle raccontarmi dei suoi personali ricordi quando, bambino, aveva frequentato, col suo papà, Don Luigino, il salone di barbiere di Don Matteo. Mi  aveva raccontato episodi, per me inediti, data la nostra differenza di età, la sua era datata 12 aprile 1927, e quindi  aveva  arricchito il mio taccuino delle “rimembranze”. Con  rammarico e con dolore, questa notte, apprendo, la ferale notizia, tramite collegamento alla sua bacheca in Facebook, sono le figlie ad annunciarlo : " Siamo Lilli e Sabrina, le figlie di Totò. Giovedì 14 papà è venuto a mancare... Ringraziamo tutti gli amici di Fb che gli hanno tenuto compagnia in questi ultimi mesi. Il suo profilo restarà aperto". Ne rimango profondamente colpito, non ho parole ! 
Ho fatto in tempo a conoscerlo personalmente con la sua ultima venuta a Reggio Calabria, si perchè il nostro bellissimo e fraterno rapporto si espletava con messaggi su quella "piattaforma sociale"(definizione di Facebook) e telefonicamente ; ho avuto il piacere di fare una passeggiata in macchina con lui, prendendolo al domicilio di Viale Calabria. Siamo stati a casa mia, volle vedere la mia postazione di lavoro nello studio ove vivo parte della mia vita, dedicata ai contatti online e allo scrivere, poi volli accompagnarlo sul lungomare reggino perché respirasse profondamente la fine aria marina impregnata di salsedine; salimmo al fortino di Pentimele e, in discesa, passammo a visitare il circolo del tennis Rocco Polimeni. Abbiamo intessuto, in poche ore, un’amicizia senza tempo, pur separandoci sedici anni, come due persone che si rivedono normalmente e discutono dei tempi passati in una comune memoria di tempi lontanissimi : quando aveva conosciuto mio padre, del cortese rapporto che li aveva legati. Poi si è lasciato, senza alcuna remora e intessendo vecchi ricordi al suo presente, al racconto della sua vita, del suo trasferimento a Padova e lo spazio vitale che condivideva con l’amatissima nipotina che gli girava sempre attorno, delle vicissitudini che lo hanno  allontanato dalla sua città. Ho presente il suo viso allorché lo riaccompagnai al portone di casa sul viale reggino dianzi citato, un viso rigato di lacrime come se si staccasse da un parente prossimo, da un fratello minore e, alla mia domanda perché fosse così triste ed emozionato, rispose che forse non ci saremmo più visti, così è stato....
Sentì quel distacco dalla sua città, dalla sua gente, dall'amico trovato per caso, come un fulmine a ciel sereno, come una aspettativa che non si sarebbe più presentata, come la fine del suo passato e del suo attuale presente. "Addio, fratello maggiore ! Sono  ancora  attonito e perplesso". 
Ogni qualvolta io pubblicassi un mio pensiero sulla sua personale bacheca del network, oggi più usato a servizio di una rete sociale, Facebook, rispondeva con un suo, sicuro, commento di apprezzamento; l’ultimo lo scrisse il 7 di ottobre del c.a., ma facendomi  notare una mia dimenticanza, pensate un po' : mancava il peperoncino in una mia descrizione culinaria che riguardava una cena a base di “biscottu a caponata”. Questo è stato il suo ultimo messaggio. Lui non era credente, io lo sono ed ho la speranza che un  giorno, quando vorrà il Signore, nel Suo dono di resurrezione, ci rincontreremo e forse rifaremo, assieme a lui, delle belle chiacchierate poetiche con Don Matteo Paviglianiti, Don Luigino suo padre e Don Mico Marrari, il mio genitore.Termino manifestando alle figliuole Lilli e Sabrina, alla nipotina di cui non conosco il nome, alla gentile consorte, mi permettano l'intimità, i sensi del mio cordoglio...Ciao Totò !
                                 Salvatore Marrari


              Reggio Calabria 17  ottobre  2010  ore  01,20


Questo video è stato realizzato con le foto inviatemi dal caro amico scomparso Totò Ambrogio clicca accanto....  http://www.youtube.com/watch?v=raFClKXHGrU