domenica 28 giugno 2015

OGGI UN AMICO, UN FRATELLO, UNA CARA PERSONA E' MANCATO PER ANDARE TRA LE BRACCIA DEL SIGNORE E ATTENDERE LA RESURREZIONE

OGGI UN AMICO, UN FRATELLO, UNA CARA PERSONA E' MANCATO PER ANDARE TRA LE BRACCIA DEL SIGNORE E ATTENDERE LA RESURREZIONE

26 giugno 2015 alle ore 18.00

ANNUNZIATO ROMEO, 95 anni, di Bellantone frazione che fa parte del comune di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria, oggi 26 giugno 2015 ha lasciato questo mondo per andare tra le braccia di Dio in attesa della resurrezione promessa. Questo era il suo credo, il mio e quello ti tante infinite persone cristiane evangeliche che seguono i passi biblici come testamento del Signore e dei suoi Apostoli. Quest'uomo mite e di fine intelligenza fu prigioniero in Sud Africa nell'ultimo conflitto mondiale e li, tra le tende dell'accampamento, conobbe un pastore della Chiesa Cristiana Evangelica Battista dell'Inghilterra. Quasi ispirato da un messaggio divino volle frequentare quegli studi biblici e quei culti fatti per i prigionieri non cattolici e per i militari inglesi già convertiti. "Divorò" in fretta quegli argomenti ritenendoli interessanti, razionali e intelligenti divenendo un predicatore cristiano che dovette poi lottare, al suo rientro in Patria, con le avversità di chi protestante non era. Fece il vigile urbano nel suo paese natio, ma non mancò mai ai suoi doveri d'ufficio che espletò con garbo e rettitudine. Costretto, per il suo lavoro di tutore dell'ordine, a seguire anche le processioni cattoliche di quella chiesa locale, lo fece con spirito di lavoro ma non fu mai genuflesso davanti alle statue che sfilavano per le stradine di Bellantone, me lo ripeté molte volte con l'orgoglio di chi, come Mosé, aveva raccolto le leggi di libertà del Signore nostro Gesù Cristo. Ci riunivamo, prima che gli acciacchi dell'età lo rendessero dolorante, nell'abitazione di Gregorio, uno dei suoi tanti figli, per produrre uno studio biblico o un piccolo culto nel nome della fratellanza cristiana che ci univa. Così voglio ricordarlo, vicino al tavolo dove, arrivando, posava gli innari; ci abbracciava tutti e cominciava a raccontare le sue vicissitudini di vero cristiano convertito. Alti erano i suoi concetti e le sue filosofie e si restava a bocca aperta quando dalla sua bocca partivano interi passi biblici che la sua mente lucida ha tenuto sempre in memoria sino all'ultimo istante della sua vita, ripeto, terminata oggi. Mi è caro aggiungere quanto io scrissi nel marzo dello scorso anno in una delle ultime riunioni della nostra bella diaspora.


Salvatore Marrari  RC 28 giugno 2015

DIASPORA EVANGELICA IN CASA ROMEO A BELLANTONE (RC)

Recita così il SALMO biblico 133 :L'AMORE FRATERNO (Canto dei pellegrinaggi di Davide) Ecco quant'è buono e quant'è piacevole che i fratelli dimorino insieme ! È come olio profumato che, sparso sul capo, scende sulla barba, sulla barba d'Aaronne, che scende fino all'orlo dei suoi vestiti; è come la rugiada dell'Ermon, che scende sui monti di Sion; là, infatti, il SIGNORE ha ordinato che sia la benedizione, la vita in eterno. 

Dopo questi versetti biblici d'introduzione è d'obbligo raccontare il contesto e il pomeriggio trascorso a BELLANTONE, paesino della piana e frazione del comune di LAUREANA DI BORRELLO (RC). La Chiesa Cristiana Evangelica Valdese di Reggio Calabria, tra le tante diaspore, una volta al mese riunisce la famiglia Romeo, appunto, di Bellantone attorno ad un tavolo per un incontro biblico e di preghiera, con un libero dibattito che si pregia dei valori infiniti di quella assoluta libertà che ci dona l'Evangelo di Cristo Gesù. Dunque la "Buona Notizia" è itinerante per mano del sottoscritto che volontariamente raggiunge quelle persone una volta al mese da circa sedici anni, accompagnadosi con fratelli di chiesa o con il Pastore della chiesa medesima, quando è presente, e oggi, 18 marzo 2014, assieme a me e per la seconda volta c'è stato Rosario Confessore pastore della già citata chiesa. Un pomeriggio meraviglioso trascorso assieme al novantaquattrenne "capo" Annunziato Romeo, al di lui figlio Gregorio con la moglie Rosetta, Alessandro il figlio minore, per la prima volta tra i presenti, la consuocera dell'attempato fratello Annunziato, signora Caterina madre di Rosetta, i nipoti Nunzio ed Eugenio che fanno capolino alle riunioni col loro educato saluto di cortesia. Ogni volta gli argomenti sono vari e interessanti, oggi è stata letta e commentata la parabola del figliuol prodigo dal punto di vista della ragione umana e nella sua parte profetica che riguarda la benevolenza e il perdono di Dio verso coloro che dichiarano umilmente i loro peccati. Vi assicuro ch'è stata una "nobile" esperienza protrattasi sino a sera e terminata sol perché noi si doveva ritornare, in auto, per il naturale rientro in famiglia a Reggio Calabria. Non sono mancati i dolcetti e l'assaggino del rosso "rosolio" che produce e cura il caro fratello Gregorio con uva siciliana e "volontà" calabrese ( vedi foto allegate). Il calore di un ambiente familiare, la saggezza e i racconti del veterano Annunziato, la parola di Dio spiegata dal Pastore Rosario in maniera dolce e indicativa del messaggio Messianico, hanno un ché di corroborante e stimolante, quasi un toccasana che rinforza la fede e che chiunque, tanti, dovrebbero provare in quel preciso contesto, davanti ad un caminetto che ti inebria col profumo della legna che arde e scoppietta sotto e attorno agli alari di ferro battuto.


Salvatore Marrari  RC 18 marzo 2014













A Plaesano (RC), presso questo tempio dei fratelli Avventisti del 7° giorno, oggi 28 giugno 2015, si è tenuto il culto di addio al fratello in Cristo ANNUNZIATO ROMEO. Dietro la bara tutti i figli, familiari, amici e persone che lo hanno voluto bene. Ha tenuto il culto il pastore ALESSANDRO ROMA intessendo il sermone sulla resurrezione promessa. Un piccolo necrologio ricordo del defunto sulla sua vita di credente cristiano è stato effettuato dal sottoscritto, Salvatore Marrari, a nome della chiesa Valdese di Reggio Calabria. Elogi vadano al pastore e alla comunità per l'accoglienza in questa piccola e sobria struttura che contiene una grande chiesa di pregiatissimi fratelli. Ancora rivolgo un pensiero alla famiglia Romeo perché, nel lutto, si rallegrino per la presenza in spirito del loro papà al cospetto del Signore. Ricordo loro che, l'ultima volta che ho visto Annunziato, seduti attorno al tavolo e dietro il caminetto fumante, le sue ultime parole ascoltate furono di riferimento alla resurrezione...anche della famiglia...AVREMO NUOVI CIELI E NUOVA TERRA.

Salvatore Marrari  RC 28 giugno 2015




venerdì 26 giugno 2015

REGGIO CALABRIA 'NA LANTERNA SUPR'O MARI - UNA LANTERNA SUL MARE VISTA, FOTOGRAFATA E RECITATA IL 23 GIUGNO 2015

REGGIO CALABRIA CREPUSCOLO SULLO STRETTO, ORE 19.45 DEL 23 GIUGNO 2015...SARO' RIPETITIVO, MA E' PIU' FORTE DI ME, DEVO FISSARE CIO' CHE L'OCCHIO VEDE E IL CERVELLO APPREZZA. NE FACCIO DONO A CHI QUESTI PANORAMI NON LI HA...NE AVRA' DI MIGLIORI ? MA QUESTA BALCONATA E' UNICA NEL MONDO.

                  ‘NA LANTERNA SUPR’O MARI

                        Passiandu nto stratuni, vitti luci, ddha, a punenti,
                        e curiusu dì ‘stu fattu scindu a mmari i ‘na calata.
                        Manu a mmanu chi calava, si japriva la me’ menti
                        e, rrivatu a via marina, ndebbi ‘u celu a me’ purtata.
      
                        O spittaculu divinu ! ‘U Signuri ndi parrava,
                        com’on film di Mosé chi lu vitti nta muntagna,
                        chi li strali, russi e gialli, nti ‘na petra nci minava
                        cu’ ‘na bbuci cavernusa…e scriviva nta lavagna.

                        Ddha, nte munti ‘i facci ‘i nuj, nta l’arturi siciliani,
                        chianu chianu si calava comu paddha china ‘i focu,
                        e rumbava supr’e cime, chi non su’ tantu luntani,
                        rialandu a nostra Rriggiu ‘nu barcuni ‘i santu locu.

                       
                        E luciva, supr’a l’acqua, rrialandu a nuj mortali,
                        comu fussi ‘u pararisu, chiddha immaggini lucenti,
                        gialla e russa, forti assaj, ch’a sparmava supr’o mari
                        com’avvisu di grandizza chi suvrasta tutt’i ggenti.

                        Rriggiu cara, cu’ ti fici est’Amuri e ppoi Grandizza,
                        ti purgiu, supr’a ‘sta terra, la so’ mano benvoluta.
                        Ti cantau lu to’ pueta chi non ebbi mai ‘na stizza,
                        e, a difesa ‘i ‘sti culuri. nc’è ‘na manu rrisuluta.

                        Nti la rriva culurata, tra li petri e l’acqua argentu,
                        nc’è lu parmu di ‘na fata chi ti canta la so’ strina,
                        quandu carma è la jurnata senza ‘n’alitu di ventu,
                        e ti porgi un panorama cu’ l’immaggin’i Missina.

                        Basta, oj staju zzittu, vogghiu sulu arrimirari
                        ‘stu rrialu, chi trasforma la tristizza in sana ggioja.
                        Vardu ‘u celu, vardu a mmari e li vogghiu, poi, abbinari
                        ‘o sprinduri di la stiddha supr’a chiddha “mangiatoja”.

                                     
                                        Salvatore Marrari  24 giugno 2015


TRADUZIONE PER I NON AVVEZZI AL DIALETTO REGGINO

Passeggiando nello stradone, ho visto una luce, la, a ponente, (sul Corso Garibaldi)
e curioso per questo fatto scendo al mare da una discesa.
Mentre scendevo, si apriva la mia mente
e, arrivato alla marina, ho avuto il cielo alla mia portata.

O spettacolo divino ! Il Signore ci parlava,
Come nel film di Mosé che l’ha visto nella montagna,   (Sinai)
che strali, rossi e gialli, in una pietra gli lanciava
con una voce cavernosa…e scriveva nella lavagna.

La, nei monti a noi di fronte, nelle alture siciliane,
piano piano scendeva come palla piena di fuoco,
e rombava sopra le cime, che non sono tanto lontane,
regalando alla nostra Reggio un balcone da sacrario.

E luccicava, sopra l’acqua, regalando a noi mortali,
come fosse il paradiso, quella immagine lucente,
gialla e rossa, assai forte, che la spalmava sul mare
come avviso di grandezza che sovrasta tutte le genti.

Reggio cara, chi ti ha creato è Amore e poi Grandezza,
Ti ha porto, su questa terra, la sua mano benevola.
Ti ha cantato il tuo poeta che non ha mai avuto stizza,    (poeta Matteo Paviglianiti)
e, a difesa di questi colori, c’è una mano decisa.

Nella riva colorata, tra i sassi e l’acqua argentata,          
c’è il palmo di una fata che ti canta la sua strina,    (Fata Morgana - canzone natalizia)
quando calma è la giornata senza un alito di vento,
e ti porge un panorama con l’immagine di Messina.

Basta, ora sto zitto, voglio solo rimirare
questo regalo, che trasforma la tristezza in sana gioia.
Guardo il cielo, guardo il mare e li voglio, poi, abbinare
allo splendore di quella stella apparsa sulla mangiatoia.



















                       


                        

martedì 16 giugno 2015

MAMMOLA (RC) 14 GIUGNO 2015 - LO STOCCO ALLA TAVERNA DEL BORGO, IL BORGO ANTICO, MUSABA FONDAZIONE SPATARI/MAAS (IL MUSEO DI NIK SPATARI)


Non ero mai stato a Màmmola, ma invitato ad un pranzo sociale a base di pesce stocco dal mio consuocero Mimmo Calluso, ex dipendente Omeca di Reggio Calabria, ho avuto modo di conoscere questo vecchio paese dell'entroterra Jonico, tra l'Aspromonte e le Serre calabresi, e i commensali anch'essi ex dipendenti della su citata azienda metalmeccanica con le famiglie e amici.

PICCOLA STORIA DI MAMMOLA
Le origini di Mammola risalgono al IV–V sec. a.C. : l'insediamento sorse sulle rovine di Malèa (Μαλέα in greco antico), colonia greco-locrese ricordata da Tucidide. Ai piedi scorre il fiume Chiaro, affluente del fiume Torbido. Nei pressi di quest'ultimo, un tempo detto Sagra, si sarebbe svolta nel VI secolo a.C. la cosiddetta battaglia del Sagra che vide i crotoniati sconfitti dai Locresi alleati con i reggini. Il nucleo di Mammola si sviluppò ulteriormente alla fine del X secolo d.C. Tra il 950 e il 986 sorse infatti un villaggio stabile, abitato dalle popolazioni che avevano abbandonato il litorale jonico per sfuggire alle incursioni saracene. Nel corso degli anni i monasteri divennero centro spirituale e di cultura. I monaci si dedicavano alla miniatura, al mosaico, all'innografia, allo studio degli antichi testi e delle scienze. Nello scriptorium, luogo destinato alla copiatura a mano, venivano trascritti codici, testi e trattati. Il toponimo Màmmola appare per la prima volta tra il XI e il XII secolo, in un documento che faceva parte dei beni del Monastero di San Fantino. Inoltre, nel 1232, in un altro documento, si parla di un certo Rogerius de Màmmula. Mammola nel periodo feudale è appartenente a diverse famiglie: Giovanni Ruffo, Ruggero di Lauria, Anselmo Sabrasio, Raimondo del Prato, De Luna, Caracciolo di Gerace, Correale da Sorrento, Famiglia Carafa. Nel 1540 il paese divenne capoluogo di Baronia allargando il suo territorio con Agnana. Successivamente passa alle dipendenze dei Gagliego, dei Loffredo, dei Ruffo, dei Pazzi, dei d’Aragona d'Ayerbe, dei Joppolo, di nuovo agli Spina, ai Barreca, e infine alla famiglia dei De Gregorio che la detennero fino al 1806, anno della soppressione del feudalesimo. Dopo l'unità d'Italia, le difficili condizioni economiche e sociali incisero profondamente sul vivere della comunità dando luogo a fenomeni di rivolta popolare e di brigantaggio. Cominciò l'emigrazione durata sino alla fine del XX secolo, dimezzando la popolazione. Diverse sono le testimonianze dell'antica storia di Mammola: la necropoli indigena a Monte Scifo, quella greco-romana a Santa Barbara, ellenica a Buccafurri e le grotte del Brigante, del Palombaro e della Turri. Famosa la battaglia avvenuta sul greto del fiume Sagra (oggi Torbido) VI secolo a.C., dove i Locresi alleati con i Reggini sconfissero i forti Crotoniati. Anticamente, quando non era ancora in uso la toponomastica, le vie ed i rioni del paese erano indicati con denominazioni di origine ebrea, araba e greca: Certò, Begna, Hfamurra, Buveri, Fana, Mammuleju, Ponzo, Cuccianni, Cundutteiu, Gellario, Gruttu, che ancora persistono. Il paese conserva l'impianto medievale contraddistinto da abitazioni raccolte attorno a numerose piazzette. I palazzi (De Gregorio, Ferrari risalente all'epoca feudale, Del Pozzo, Florimo, Spina, Piccolo, a “Gellario” dei Barillaro di epoca più recente), edificati dal XV secolo in poi, riprendono lo stile architettonico che va dal classico al barocco. La Casa Tarantino è risalente al XIV secolo. Vi sono poi edifici religiosi: la Matrice (XII secolo) a tre navate, la cinquecentesca chiesa della SS. Annunziata, quella della Madonna del Carmine e di San Filippo Neri (XVI secolo). La chiesa matrice è intitolata a San Nicola di Bari, nella cui cappella sono conservatele reliquie di san Nicodemo A.B., patrono della città. A san Nicodemo alla Limina è intitolato invece il Santuario, luogo dove visse il Santo; il santuario si trova nel Parco nazionale dell'Aspromonte. Le altre chiese sono quelle della Madonna del Carmine, dell'Annunziata, di San Giuseppe, di San Filippo Neri, la Grancia Basiliana di San Biagio, la chiesa dell'Assunta alla Limina, la chiesa di Reito nelle frazioni e l'antico monastero di Santa Barbara, ristrutturato in parte a Parco Museo Santa Barbara.

Praticamente, tornando al discorso della compagnia, ho fatto una rimpatriata perché tra di loro c'erano amici comuni e di lunga data con qualche parente mio diretto. Non son mancate, comunque, nuove amicizie. Non posso non elogiare le portate, che ho regolarmente fotografate com'è mia abitudine fare, e la loro presentazione, cucinate in vari modi e a puntino da uno chef competente che ha dato sapore, colore e meraviglia agli occhi di noi miseri affamati e trepidanti per le continue sorprese che ci presentavano, camerieri gentili, sotto i nostri nasi annusanti come cani alla ricerca del loro osso preferito. Un “rosso” locale ha ben innaffiato le bocche e le gole degli astanti e se prima dei pasti, tra le tavole apparecchiate, si sentiva solo un brusio, dopo le prime bevute le voci aumentarono di tono con risate e pacche sulle spalle di quegli amici di lungo corso che avevano lavorato insieme nell'azienda reggina per più di quarantanni.
Alla fine dei "balli" intorno ai piatti, siamo usciti tutti alla scoperto (naturalmente dopo aver pagato i conti) e tre instancabili, io, Paolo Vita e Antonella la di lui gentile consorte, siamo partiti alla volta del borgo antico di Mammola, su in cima alla collina a visitare chiese, vicoletti e antichi palazzi del feudo antico...naturalmente ancora fotografie scattate per arricchire il mio archivio di casa e per la disposizione di chiunque voglia apprezzarle.
"Dulcis in fundo" il museo di arte moderna di Nik Spatari disposto in un verde bosco e lungo il litorale del fiume Torbido.

PICCOLO RIASSUNTO SU NIK SPATARI
Nicodemo Spatari meglio noto come Nik Spatari (Mammola, 1929) è un pittore, scultore e architetto italiano. Nel corso della sua carriera pittorica e scultorea, Spatari è stato autore di numerose opere all'interno di luoghi di culto calabresi, tra i quali le vetrate, gli affreschi e il mosaico sull’altare della Chiesa del monastero di San Domenico a Reggio di Calabria. È l'ideatore del Parco Museo Santa Barbara. All'età di nove anni vinse il premio internazionale di pittura dell'Asse Roma-Tokio-Berlino. Per un trauma subìto nel 1940 perse l'udito e fu costretto a diventare un autodidatta, sviluppando le proprie capacità anche in campo scultoreo e architettonico, partendo dal confronto immediato con i materiali. Durante gli anni cinquanta e sessanta viaggiò in Europa. Nel 1958 espose alla Biennale di Venezia. Alla fine degli anni cinquanta, si stabilì a Losanna, dove creò il "prismatismo". Incontrò una giovane collezionista russa che lo invitò a Parigi dove i due si sposarono, stabilendovisi per qualche tempo. A Parigi entrò in contatto con il mondo artistico e culturale e frequentò per circa due anni lo studio di Le Corbusier, congeniale alla sua inclinazione verso il primitivismo. Conobbe anche Jean Cocteau e incontrò Picasso e Max Ernst. Aderì al gruppo di artisti gravitanti intorno alla galleria CIGAPS (Centre international de groupement d'artistes peintres, sculpteurs). Tornato in Italia nel 1966, si stabilì per un periodo a Milano dove, insieme a Hiske Maas (olandese) aprì la galleria d'arte "Studio Hiske", a Brera, che rimase attiva fino al 1978. Nel 1970 Spatari decise di tornare in Calabria insieme ad Hiske Maas, con l'intento di lavorare ad un suo progetto: la realizzazione di un museo-laboratorio d'arte contemporanea. A partire dal 1969 fu realizzato il Parco museo Santa Barbara a Mammola, sui resti di un monastero basiliano sul fiume Torbido. All'interno è ospitato il grande affresco tridimensionale del Sogno di Giacobbe. E qui, alla fine, mi sorge spontaneo il pensiero : Tra Nik Spatari e Antony Gaudì Cornet, più comunemente " il GAUDIT di Barcellona, il catalano, c'è alcuna differenza ? Guardando e riguardando queste magnifiche opere, credo non vi sia alcuna differenza.

Qui finisce la descrizione della bellissima giornata trascorsa con amici e le mie foto raccontano molto di più, escludendo le parti storiche prese da enciclopedie online, di quanto io abbia potuto descrivere.


Salvatore Marrari  RC 14 giugno 2015