martedì 6 agosto 2013

POMERIGGI D'AMICIZIA...AL FRESCO...TRA I PINI

POMERIGGI D'AMICIZIA...AL FRESCO...TRA I PINI



L'estate batte i suoi "sbuffi" di...caldo, esattamente come una campana stonata rintocca e batte alle tempie di chi, malvolentieri, ascolta, un sonoro beffardo non cònsono alla tradizionale "squilla" attaccata ai campanili del Veneto o del Trentino, tra le desiderate frescure delle verdi valli di quei monti ancora con qualche riga di stantia neve. Queste ultime frasi esprimono il nostro desiderio che invoca inutilmente una pausa di respiro mentre siamo immersi in una pozza di sudore che l'afa di questo immondo scirocco africano tira, facendolo trasudare, dalle nostre carni. Mi domandavo se in Paradiso, quello promesso da Nostro Signore, si soffre per il caldo o per il freddo, la logica umana mi dice che il calore trovasi all'inferno tra gli "avelli di fuoco". Pensare allo spazio e al fresco che potremmo trovare nell'aldilà dei "buoni" forse e prematuro parlarne, ma guadagnarsi un paradiso in terra e in città non è molto difficile, basta trovare il giusto angolo e le giuste persone per una chiacchierata pomeridiana sotto una coltre di pini e tutto è risolto. Il sito, come mostra la foto, lo abbiamo trovato, gli amici anche, la lettura e la buona amicizia non ci mancano e il passaggio alla sera più fresca e più riposante è assicurato. Tra i campi di gioco del Circolo Tennis Rocco Polimeni di Reggio Calabria, tre amici, hanno trovato un tranquillo e fresco angolo dove poter pacatamente chiacchierare, vivere la cultura, la politica e, principalmente, rivivere con i ricordi del passato. Antonio, il maggiore in età tra di noi, è un ex professore di istituto superiore, ex allenatore di calcio e grande intenditore di questo sport a cui ha dedicato, negli anni 50/60, la sua passione per scoprire talenti che saltavano in piazza Sant'Agostino e in tanti altri siti di rioni e paesini intorno alla città. Giacomo, il nostro lettore ufficiale, economista laureato ed ex dipendente del compartimento FF.SS. di Reggio calabria, esperto di informatica e di politica, ha il compito (una sua scelta) di portare nelle nostre giornaliere riunioni copie di giornali con attualità politico-culturali i cui articoli sono redatti da attuali grandi firme o anche da emergenti sconosciuti, ma apprezzatissimi scrittori. Salvatore, io, ex tecnico nel campo delle costruzioni ed ex dipendente di Poste e Telecomunicazioni, esperto di fotografia, cinematografia, collezionista di vecchie musiche e canzoni dei secoli '800/'900, cultore di bibliografia protestante e storia del cristianesimo. Gli argomenti, come si potrà constatare, non ci mancano e, avendo superato tutti noi i settantanni, non abbiamo che da mettere sul tavolo i magazzini e gli arsenali dei nostri ricordi. Gli anziani, noi, vivono sopratutto delle realtà passate, quando poi il legame di amicizia e di affetto è grande, nulla è più dolce dei loro, i nostri, giornalieri incontri. Priorità, nei nostri dialoghi hanno i trascorsi della città, quando Reggio era un "bocciolo", pulita, ordinata, i cittadini erano meritevoli di essere chiamati tali e l'amore reciproco e l'ospitalità erano un fatto di cultura tramandato, forse, dalla discendenza magno-greca che ci onora ancora per l'aver dato il nome all'Italia, noi abitanti della "terra dei vitelli". Ricordiamo ben volentiri i tempi quando "Berta filava" (qui parliamo di Berta, quella che fila nel noto detto popolare, che ancora oggi pronunciamo per alludere ad un passato che si perde nella notte dei tempi), il passato della nostra infanzia conzumatasi in un dopoguerra catastrofico che però ci ha aiutati grandemente a confermarci uomini provati, ma capaci di superare le più nere sventure col sorriso in bocca, nulla è più formativo delle sofferenze, ciò sia monito ai giovani che hanno tutto a portata di mano con papà e mamma che pagano i loro vizi. Ma nei nostri discorsi, sfogliando le belle pagine reggine, non si può fare a meno di ricordare i nostri due poeti maggiori dell'800 : Don Matteo Paviglianiti e Nicola Giunta, il primo barbiere che fece del dialetto la sua lingua madre, il secondo baritono del melodramma, poeta e scrittore. I due furono amici per la pelle e Don Matteo, ventunanni più vecchio di "Nicolazzu"(con questo appellativo chiamava l'amico Nicola), fu anche il suo maestro nell'arte del vernacolo che, personalmente, preferisco definire dialetto; sappiamo del poeta Paviglianiti essere stato un mecenate che raccoglieva nel salotto di vimini del suo salone di Via Aspromonte 10, aiutandoli, molti giovani e ragazzi reggini che si affermarono nell'arte dello scrivere, proprio con il suo aiuto, a volte anche finanziario : i cugini professori Domenico e Peppino De Stefano, Franco Saccà, Gaetano Cingari, Domenico Martino, Giuseppe Morabito, Nicola Giunta (al suo rientro da Napoli). Discutiamo, sotto la frescura dei Pini "circoliani", proprio delle strofe che il vate reggino scriveva sotto l'ìinflusso di una inesauribile vena poetica, pacato, non altezzoso, modesto e osservatore di uomini e natura, legato a un Dio non frequentato, ma presente in ogni suo modestissimo verso.
Amici, si ‘sti versi fannu pena,
pirchì non hannu tutt’a  so'struttura,                                 
su’ nati nto mumentu ch’era in lena
‘i ‘nu ciriveddhu ch’è senza curtura....
..............................................................
...Rramingu vai pì strati ‘u verbu amari,
chi Cristu seminau cu’ gran duluri,
ma tutt’a sciarra è sulu pi’ dinari,
pi’ cui Giuda vindiu nostru Signuri.

Di Nicola Giunta, che dire, di lui ne han parlato tutti, a suo nome sono stati organizzati caffé letterari e, noi tre amici, discutiamo sicuramente più del suo carattere altezzoso, ingiurioso nei riguardi del suo popolo e concittadini tutti, del suo modo plateale di approcciarsi alla gente del suo tempo con giacca, cravatta, cappello tipo borsalino dalle cui falde fuorisciva una grande massa di capelli bianchi. Nel suo cervello attento balenavano grandi idee di progetti che trasmettevano ai suoi occhi una estrema vivacità. Niente e nessuno gli andava bene; lo si sentiva, da sotto le finestre di uno stabile a due piani attiguo al Ponte Calopinace, fare gli esercizi di canto con la sua voce da baritono, quasi a voler dimostrare che viveva in una città da melodramma e lui ne era il maggiore interprete, ma non ha potuto vedere la città attuale da dramma che si è spogliata del prefisso "melo" e,  sicuramente, questi suoi versi dimostrano la grande sua intuizione.

« Chistu è u paisi aundi si perdi tuttu,
 aundi i fissa sunnu megghiu i tia,
 u paisi i m'incrisciu e mi 'ndi futtu
 ed ogni cosa esti fissaria. »

.............. 
'Nta 'stu paisi 'nc'esti sulu 'a piria, 
'a strufuttenza fissa, a 'grandi bboria; 
n'ta 'stu paisi cunta sulu a 'mbiria, 
pirciò non sunnu tutti chi cicoria...
 
Erba nana ed amara, erba pirduta: 
senza mâ provi, 'a ggiùrichi â viruta; 
e cca, sarbu a cacchirunu ll'affritti, 
su' tutti storti ammanicati ddritti!
 ..............
Ma a lui, Matteo Paviglianiti, dedica due righe scritte a penna e con la massima benevo-lenza, sulla prima pagina della sua prima pubblicazione "U SPECCHIU DA VITA : "A Nicola Giunta, anima vulcanica, ma fresca come l'acqua di fonte ". Questa copia personallizzata e copia di un'altra pubblicazione, LACRIMI, furono portate alla biblioteca comunale proprio dal Giunta che, nel frattempo, era stato nominato direttore dell'Ente. Tanti altri personaggi sono l'oggetto delle nostre discussioni che ci hanno sempre e comunque trascinati nei ricordi del passato; vorrei portare l'attenzione sulla nostra natura in quanto uomini, certamente, ma anche e soprattutto in quanto uomini inseriti in un contesto di uomini : la vita sociale in comune su di un territorio, una nazione, per intenderci, un contesto che gli esperti chiamano antropologia.
Questa percezione, sicuramente, non va sottovalutata e alcuni atteggiamenti, dall’esterno, possono apparire desueti, vecchi, scaduti, ma per chi li vive assumono un’importanza fondamentale, cruciale in certe fasi dell’esistenza. Vi siete mai innamorati di un portachiavi ? O di un soprammobile di pessimo gusto, ricordo della vacanza più bella della vostra vita ? Agli occhi dei più è un semplice monile, ma per chi, come un tesoro lo conserva, assume il sapore di momenti, emozioni e sorrisi o lacrime che nessuno potrà mai trasmettere a parole. Siamo conservatori, chi più e chi meno, e nessuno si può esimere dicendo di non esserlo. Sostanzialmente tutti viviamo di ricordi, un posto, un sasso, una parola, un vagito, una musichetta, una canzone, ci trasformano svegliandoci dall'oblio e facendoci sognare il nostro trascorso che mai più ritornerà. Ora, noi tre amici, ci accorgiamo che si è fatto tardi,
usciamo sulla strada maestra, ci salutiamo non dimenticandoci del prossimo appuntamento dell'indomani, saliamo in macchina sicuri che il domani è un altro giorno.

Salvatore Marrari   RC.  3 agosto 2013

3 commenti:

  1. Siamo tre persone sensibili a determinati aspetti della realtà. In primis la cultura. Leggiamo per apprendere, per sapere. Oggi i giovani, non tutti, vanno verso una specie di smemoratezza collettiva per cui il passato diventa una cosa da specialisti, non il bene più prezioso, con cui confrontarsi per capire meglio il presente. Se non si ha un bagaglio culturale si è sempre manovrati dai grandi discorsi che la persona non acculturata non capisce.Ecco perchè leggiamo. Lo facciamo perchè non vogliamo essere compresi tra quelli ..., ricordo vagamente un detto di Nicola Giunta "u' scheccu vulau". Scusami per come scrivo il dialetto. Potrai riportarlo meglio tu. Ciao Salvatore e grazie per aver riportato queste belle riflessioni. Giacomo

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  2. Leggere, leggere, leggere. Chi educa i giovani? Oggi, la piaga principale è il sistema educativo fatto di televisione senza contenuti, di noia. Veline, Grande Fratello, films spazzatura.
    Da ragazzo ho avuto la fortuna, a Joppolo, di incontrare una persona molto anziana che mi ha messo a disposizione un baule pieno di libri appartenuto al figlio morto in Russia . Le autorità russe lo consolarono inviandogli ciò che era appartenuto al ragazzo. Dentro quel baule c'era un grande tesoro. Tolstoj, Dostoevskij, etc.Tantissimi scrittori russi. Lo capii, mese dopo mese, quando quelle letture accesero il mio piccolo cervello. Il vecchio mi consegnava un libro alla volta dopo aver accertato il mio amore alla lettura.Non vedevo l'ora di finire un libro per averne un altro. Il mio andirivieni durò forse un paio d'anni, tanti erano i libri giacenti in quel grande contenitore custodito con grande amore dal vecchio genitore. Sono stati quegli anni che mi hanno formato. E' nato lì il mio amore verso la lettura in genere e verso la letteratura in particolare. Volevo intraprendere studi diversi ma finii a Ragioneria e poi a Economia. Ringrazio comunque mia madre per avermi consentito di approdare a quei livelli. Ma erano altri i miei obiettivi. Ma come esprimermi? Chi c'era che poteva interpretare le mie predisposizioni, i miei sogni? Comunque mi ritengo un fortunato per la mia vita e in particolare per avere sognato lungamente in quel paese assieme ai libri del povero ragazzo morto in cambattimento. Finisco di tediarti. Ciao Salvatore.Adesso conosci qualcosa in più della mia storia. Giacomo

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  3. Grazie Giacomo per aver voluto commentare e consigliare, a tua volta, qualche giovane sprovveduto che della cultura non ne conosce neanche "l'ubicazione della casa". Leggere e scrivere sono le prime cose che ci hanno insegnato nelle nostre scuole del dopoguerra, tempi difficili, ma prosperi per la bontà e le grandi capacità dei maestri che furono di quel tempo. Oggi, nei primi anni formativi delle elementari, trovi buona parte di maestre che "insegnano" con programmi astrusi e poco divulgativi; le medesime, poi, non sono all'altezza della situazione perché sono l'estratto di una società fatta prevalentemente da ignoranti. Non parliamo del dopo, scuole medie, superiori e università, dove, sì, insegnano che " 'U SCECCU VOLA", dove le dinastie familiari si tramandano le cattedre sino a venerande età e tengono lezioni quando vogliono e come vogliono a discapito di giovani che ne assorbono le fattezze e restando svogliati a vita che faranno carriera a furia di raccomandazioni. La meritocrazia è andata a farsi fottere anche perché dall'alto, dagli amministratori, dai politici, arrivano solamente l'ignoranza e l'insegnamento alle ruberie.Grazie ancora per i tuoi due bellissimi commenti. Salvatore.

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