mercoledì 9 marzo 2016

ACCADEMIA DEL TEMPO LIBERO DI REGGIO CALABRIA - 5 MARZO 2016 IL PRIMO DISCO DA SOLISTA DI MARINELLA RODA' CANTANTE FOLK DI PRUNELLA DI MELITO PORTO SALVO


Con “Traguda” Marinella Rodà racconta, cantando, la storia del nostro popolo. Reggio Calabria. Dieci brani per esplorare la tradizione linguistica e culturale di cui sono scrigno la Calabria e la provinciali Reggio, per aprire il cassetto dei ricordi e per segnare un traguardo importante della storia artistica e personale. L’auditorium del Cipresseto “Umberto Zanotti-Bianco” di Reggio Calabria ha ospitato un concerto speciale. Quello della cantante Marinella Rodà che ieri ha presentato il suo primo disco da solista dal titolo “Traguda” che in greco di Calabria significa “Canta” e sulla cui copertina la cantante calabrese ha voluto essere ritratta con un "armacera" (muro di pietra) a far da sfondo. L’iniziativa è stata dell’Accademia del tempo libero presieduta da Silvana Velonà, nell’ambito della quale la stessa Marinella Rodà guida il coro dei "Canti Cunti". “Venti anni fa è cominciato tutto quasi come un gioco, ascoltando le storie narrate da mio padre. Così è iniziato - ha raccontato Marinella Rodà - un percorso bellissimo dilatatosi come fosse il racconto di popolo che racchiude e accoglie in sè anche le tradizioni di altri popoli. Grazie ai racconti di papà – ha proseguito la cantante calabrese - oggi posso trarre la mia storia che con questo disco da solista traduco in musica. Il titolo ‘Traguda’, dal greco antico ‘Canta’, richiama la musica per me imprescindibile filo conduttore tra passato, presente e futuro. Dunque questo lavoro si propone di riscoprire antichi brani tradizionali, testi calabresi, siciliani e folk, proponendoli al pubblico con nuovi arrangiamenti e così arricchiti di sonorità moderne, non solo etniche ma anche folk. Durante la mia ricerca ho scoperto testi antichi dal contenuto assolutamente moderno e ho operato - ha infine raccontato Marinella Rodà - anche delle traduzioni dal greco di Calabria al dialetto in modo da rendere il contenuto più comprensibile e universale. Questo è anche il lavoro che ho fatto il brano ‘Traguda’”. Un tuffo nei ricordi di papà Antonio a cui deve questa passione per il canto popolare e per le antiche lingue di Calabria e anche un viaggio tra contaminazioni (area grecanica, folk calabrese e folk siciliana, e melodie tradizionali come “Vitti na crozza”, “Ti vogghiu bbeni”, “Chitarra e Mandulinu”, “I Glossa Dikimu”, in omaggio a Bruno Casile, “Mi votu e mi rivotu”, anche questo un omaggio alla cantastorie siciliana Rosa Balistreri. Musica, ma anche amarcord con mamma Maria in prima fila e con lei, a ricordare, Carmelo Nucera, Ninello Veduci e Simone Martino, figlio dell’indimenticato Mimmo, voce dei Mattanza con cui la stessa Marinella Rodà intraprese nel 2002 la sua esperienza etnica, colui che cercava nella lingua antica il sottotesto delle parole e l’eco dei sentimenti che in esse albergano da secoli e oltre. Così ieri accompagnata da Alessandro Calcaramo alla chitarra, Massimo Cusato alle percussioni, Nadia Romeo al violoncello, Dario Siclari al flauto traverso, Peppe Stilo agli strumenti folk calabresi, Marinella Rodà ha dato voce alle emozioni dal cuore profondo di questa terra. Un’artista appassionata di tradizione e lingue antiche, che leggiadra oscilla tra teatro e musica. “Mi definisco una cantante folk ma amo molto anche il teatro che permette una maggiore concentrazione nell’ascolto che la piazza non concede. Quindi direi che, da questo punto di vista, mi sento un’attrice cantante”.


Salvatore Marrari  RC 5 marzo 2016


Dedicata a Marinella Rodà, cantante calabrese-reggina, di
          Prunella di Melito Porto Salvo, che reputo figlia dell'arte   
          greca, quella di Reggio Calabria, che fu culla e cultura di
          poeti, artisti e letterati. E s'è figlia di Jonici o Elleni,
          comunque di gente grecanica, è anche figlia mia che mi 
          pregio di avere quelle origini, oltre che per età.

                MARINEDDHA...MARINEDDHA

                                 Ddha, nta l'arbur'i Pruneddha,
                                 nc'esti un pezzu i storia antica,
                                 ggenti sana ch'a marreddha
                                 la mpastau cu' gran fatica.

                                 E si ficiru li casi,
                                 lavurandu nte ggiardini,
                                 comu fattu i ll'antinati
                                 chi di rrazza eran'elleni...

                                 Furu figghj i Magna Grecia
                                 chi partiru di Calcìdi,
                                 poi nta Mélitu scinduti
                                 popularu chiddhi lidi.

                                 Ma Pruneddha fici storia
                                 pa' famigghia di Rodà,
                                 prima Totu e ppoi la figghja,
                                 chi cantaru la buntà.

                                 Ora, attiva è Marineddha
                                 chi, vinendu ri strapunti,
                                 bbola comu rindineddha
                                 mi ndi mpara 'u "Canta e Cunti".

                                 Beddha e sempri cchiù ngarbata,
                                 ndav'a vuci i capinera
                                 quandu canta ‘e calabbrisi...
                                 ...storii antichi di primera
                                                                          
                                 Chi capiddhi e ll'occhi niri,
                                 e 'nu neu supr'a la facci,
                                 canta tutt'i canzuneri
                                 di 'sta terra, cu’ l’affacci

                                 nta ll'Italia e nta lu mundu,
                                 cu' la lingua dill'antichi
                                 chi forgiaru a nostra Rriggiu
                                 nti lu mari e ntra li sdrichi.

                                 "Figghjceddha i ddha ru ponti
                                 chi suvrasta 'u fiumi Tucciu,
                                 canti sempri ca' to' frunti
                                 jata, ddritta e senza crucciu,

                                 orgugghiusa e malandrina,
                                 cu' amuri e senza rabbia,
                                 la to' stirpi canterina
                                 ch'arricchisci la Calabbria.

                                                           Salvatore Marrari 

                     L’ARMACERA
Tant’anni aviva un peri di livara,
chiantatu ‘i me’ prunonnu Cunzulatu,
mmenz’a ‘nu campu tenutu ‘i n’armacéra
fatta i petrami, nto locu, mmunzeddhatu.

Vardandu chistu donu ra natura,
pinzava a ll’intrecci di la vita,
u fustu e i rrami, nta ddha mparcatura,
parivanu ‘na manu cu’ cchiù dita.

Chi senzu mi faciva ‘sta pianta seculari !
‘U “zzucu” chi pigghiava nti la terra
era fruttu di l’ingegnu populari…
e mentri suli e aria facivanu di serra,

l’acqua si ccugghjva sutta ddhi rradici,
comu si fussi ‘na funtana vera,
pirchì, di fattu, ‘sti randi benefici
venivani purtati ri petri i ll’armacéra.

‘St’usanza antica, i ll’antinati greci,
nta nostra terra fu, dopu, tramandata,
i ddhi parenti chiamati calcidési,
quandu la Rriggiu nostra fu fundata.

Ancora oj, ‘i Mélitu a Pruneddha,
nti ‘sti paisi di curtura antica,
ncesti cu’ canta ‘na canzuna beddha,
e faci ‘lu cuncertu di la vita.

Biniditta chist’anima speciali
chi “traguda” limpida e sincera…                         traguda = canta
E’ Marineddha, ‘na Rodà feudali,
chi ffaci ra so’ vita…‘n’armacera.

                    
                                 Salvatore Marrari  RC 7 marzo 2016



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