lunedì 28 maggio 2012

NICOLA GIUNTA, L'UOMO, IL POETA, IL REGGINO...








NICOLA GIUNTA,  L'UOMO,  IL POETA,  IL REGGINO...
di Salvatore Marrari

"Al mio amico Nicola Giunta anima vulcanica, ma fresca come l'acqua di fonte" - Così scriveva, in una dedica, Matteo Paviglianiti, sulla foderina di un suo libro donato a Nicola. I due erano amici per la pelle, ma di differente età e carattere. 
Nicola Giunta nasce a Reggio Calabria il 4 maggio 1895 e della sua vita da giovinetto si conosce poco o nulla. Inizia la sua vita artistica e studia al conservatorio di Napoli per "attore lirico"(questa era la qualifica dei cantanti d'opera), lo aiuta la sua voce di baritono che lo porta a calcare tanti teatri italiani e qualcuno straniero, Londra per l'esattezza. Ma, ad un certo punto di questa nobile carriera, si accorge che la sua vera indole è quella dello scrittore con l'uso del vernacolo che, comincia ad apprendere, nella fase iniziale, dal suo più anziano amico poeta Matteo Paviglianiti, più vecchio di ventuno anni. Fu quest'ultimo a dargli le prime idee socialiste in quanto fondatore del partito nel 1914 assieme ad altri sette compagni. Proprio per questo motivo e per le forti amicizie con intellettuali di sinistra, fu preso con "Don Matteo" e purgato con olio di ricino.  I fatti avvennero come qui di seguito descritto : si trovavano nei pressi di Piazza Garibaldi Matteo Paviglianiti, Nicola Giunta ed altri amici quando una Balilla, esemplare d'auto FIAT del 1932, nera bloccò loro il passo e ne scesero alcuni fanatici con camicie "a lutto" (così, Don Matteo, definiva quel modo di vestire) e il più "ardito" tra loro, certo Pitea, detto" 'U tri 'i mazzi"(il tre di mazze), intimò solo ai due intellettuali di salire in macchina perchè erano stati invitati a "banchetto" presso la Federazione di Piazza del Popolo. Matteo e "Nicolazzu" (così Don Matteo usava chiamare l'amico Giunta) si guardarono in faccia con tutta la rabbia che quegli individui avevano loro stimolato e, non potendo far altro, si arresero, avendo capito il progetto e salirono sull'auto. Furono portati davanti al federale Paolo Quarantotto (portato a Reggio per dare una svolta al lassismo ed alla disubbidienza dei cittadini) e fu dato loro il classico bicchiere di un quarto colmo di olio di ricino, proprio dal fanatico Pitea che esordì dicendo : " Cari cittadini, in questo preciso momento, avete l'onore di essere saziati al cospetto del nostro federale e non in pubblica piazza". Il carattere opposto dei due "invitati" segna due reazioni diverse, il buon Matteo Paviglianiti, sornione e attento, sorseggia il liquido come se bevesse del buon rosolio, Nicola Giunta lo manda giù tutto d'un fiato e, strabuzzando gli occhi, esclama  : " Avete purgato il mio corpo, ma non avete purgato il mio spirito" e, osservandolo Don Matteo, contrariato per la soddisfazione che stava dando agli astanti, sbottò : " Ma quantu si fissa !", era il 31 maggio 1940.
Ma la storia continua, Nicola Giunta conosce tantissimi intellettuali durante la sua carriera di cantante e ne fa uso per la sua nuova attività di poeta e scrittore. Scrive libri e crea delle ottime pubblicazioni, tra il 1920 e il 1927 produce e recita commedie in vernacolo e raggiunge il massimo in quelle stagioni teatrali, vivendone intensamente il successo. Scrisse anche tante canzoni che gli furono musicate da Giuseppe Travia e Pasquale Benintende e lanciate in occasione della "Settembrata Calabrese", effettuata e organizzata da lui medesimo nelle strade reggine del 1944. Fatta questa nuova esperienza, si accorge sempre di più di essere portato a scrivere e poetizzare e, sempre affiancato da Matteo paviglianiti, produce scritti lirici e favolistici dividendo le sue opere in "Poesie" e "Fauliàta", distinzione che raccoglie, sempre in vernacolo, poesie, pensieri e favole, in queste ultime, come Trilussa o come Fedro, fa parlare animali e cose. Ciò che più risalta è la sua anima "vulcanica" e, tra un'allegoria ed un sarcasmo, tutti vengono più o meno sfottuti e "mazziati" in special modo i nostri cari concittadini di Reggio Calabria : Chistu è 'u paisi undi si perdi tuttu... Nta 'stu paisi nc'esti sulu 'a pìria... 'U paisi 'i Giufà... 'A funtana 'i Rriggiu... Priéra p'a funtana...
Giunta divenne direttore della Biblioteca civica di Reggio Calabria (oggi Biblioteca Pietro De Nava) dove, durante la sua attività, ebbe modo di conoscere altri intellettuali italiani, tra cui Benedetto Croce, Guido Mazzoni, Raffaele Corso e Giuseppe Casalinuovo. Fu in questi anni che, riconoscente verso il carissimo amico Paviglianiti, volle depositare le pubblicazioni "Lacrimi" e "'U specchiu d'a vita", catalogandoli, tra le raccolte centenarie dei grandi intellettuali che la nostra terra aveva prodotto, poeti e scrittori che fecero di Reggio Calabria una città di cultura sotto l'insegna dei forti ruderi dell'età magno-greca. Ancora più grato verso l'amico, decise di depositare i suoi, personali, che aveva avuto con dedica autografa dal "compagno di purga" e di tantissimi altri aneddoti e burle che fecero assieme, mai mancando, però, di amore e rispetto alla loro grande, reciproca amicizia. L'universo dialettale di Nicola è il più popolare possibile, dedicato alla sua gente ed alla sua città che ama profondamente a prescindere dalle sue autorevoli e continue rampogne. IL Corso Garibaldi, il Ponte Calopinace, la villa comunale Umberto I, Piazza Camagna, il Bar Margheriti, il Bar Giorgio, La casa delle bibite Quattrone(quì si produsse la famosa "Cazzusa ca' pallina"), il mercato coperto(diventato poi scuola media Spanò Bolani) ove soleva fare acquisti di ortaggi e frutta con la sua Marietta, vecchia e fedele persona di servizio, tra i giardini pubblici e il palazzo della Croce Rossa Italiana, sono stati il suo vero e spettacolare universo, i luoghi nevralgici d'incontro con gli amici, poeti e scrittori, con i quali dialogava e con cui si progettavano e si esprimevano nuove idee politico-letterarie

Chist’è ‘u paisi undi si perdi tuttu,
aundi i fissa sunnu megghiu i tia,
‘u paisi 'i “m’incrisciu e mi ‘ndi futtu”
e tutti i cosi sunnu “fissarla”…”
--------------------------------------------

O riggitani, dopu tanti peni,
facistuvu ‘nt’on largu ‘na funtana
chi piscia propriu comu veni veni
pi tutt’a notti e ppa iurnata sana…

Il poeta  finisce  di vivere il  31 maggio del 1968 tributato da cittadini illustri e non, ma  se ne va  quasi in silenzio, senza  parenti e  familiari, infatti non sposato, aveva condotto la sua vita in compagnia della vecchia mamma Ippolita Catanoso, poi, rimasto solo, si era abbandonato in casa tra l'ordine-disordine delle sue cose. Quando fu svuotato l'appartamento, tutti i suoi cimeli, le sue onorificenze, i suoi scritti inediti, tantissime raccolte, furono salvati dentro contenitori o sacchi, alla rinfusa, e portati alla custodia della Biblioteca Comunale reggina, dalla persona che negli ultimi anni gli era rimasto vicino, uno della corrente di quegli ultimi poeti che scrivevano sulla scia di Nicola Giunta e Matteo Paviglianiti. Il corpo del poeta  dorme il suo sonno profondo in un loculo del cimitero di Condera in Reggio Calabria ove, scaduti i termini di sepoltura, è stato premiato dal Comune reggino, su proposta di qualche benemerita associazione, con una proroga di giacenza ; se non ci fosse stata tale richiesta, sono certo, le sue ossa sarebbero state disperse nell'ossuario generale. Quì devo sbottare con una critica personale e rivolgermi a tutte le "pseudo autorità" di questa città che poco hanno fatto, poco fanno e poco faranno per il recupero della cultura reggina attraverso i suoi grandi, poeti e scrittori, ricordandoli, magari, intitolando loro qualche misera stradina o vicoletto, non si chiede molto, questo è il ritratto amaro della città che Giunta tanto amò, ma che non seppe fare altrettanto con lui. Fu un altro grande reggino, il professor Gaetano Cingari, anch'esso discepolo di Matteo Paviglianiti, a tramandare ai posteri quella poesia, recitandola a memoria in varie occasioni. Leopardi si lamentò...come grande è il mio lamento...lui con la natura, io con chi di dovere : "O natura, o natura, perché non rendi poi quel che prometti allor ? perché di tanto inganni i figli tuoi ?

Salvatore Marrari 19 maggio 2012

Riprendo a scrivere dopo qualche annetto che ho redatto questa breve, ma meritata biografia, per correggere in un punto qualche rigo dettatomi o dalla malafede o dalla insipienza (Totale mancanza d'impegno intellettuale o morale) o dall'informazione inesatta di un assessore alla cultura, parte politica di una precedente amministrazione comunale. Si tratta di questo : non è vero che l'affitto del loculo in cui giace il corpo di Nicola Giunta abbia avuto alcuna proroga da parte del nostro municipio. Personalmente, spostando i resti, a mie spese, del Poeta Matteo Paviglianiti, dal loculo originale ad un ossuario della congrega dell'Annunziata (giugno 2016), domandai agli impiegati degli uffici cimiteriali di Condera, quale fosse la condizione della tomba di Nicola Giunta. Mi fu, candidamente, riferito che agli atti risulta libera già dal 1998, praticamente dopo i trentanni previsti dalla morte; che nessuna proroga scritta è stata mai deliberata da quella Amministrazione comunale e che, grazie al loro buon senso, le ossa non sono mai state disperse. Mi è stato, ulteriormente, aggiunto che il loculo, a tutt'oggi, è libero da impegni, ma se qualcuno insistesse per averlo non è in loro potere attuare alcuna eccezione. Questo appunto è redatto oggi 29 aprile 2018 dal sottoscritto per amore di verità e non per aprire polemica alcuna. 

Salvatore Marrari  RC 29 aprile 2018

4 commenti:

  1. meravigliosamente meraviglioso - Salvatore Audia

    RispondiElimina
  2. Che meraviglia .Bellisdima la storiadi auesto grande uomo. onia PICCINe

    RispondiElimina
  3. Meravigliodo bellisdimo Sonia Ivanisevic

    RispondiElimina
  4. "Chist’è ‘u paisi undi si perdi tuttu" : una constatazione di grande attualità applicabile anche alla memoria collettiva ! Bisogna impegnarsi per mantenere in vita le nostre radici. Questa tua testimonianza, Salvatore, ti rende merito di sensibilità e di onestà intellettuale. Grazie

    RispondiElimina