mercoledì 11 settembre 2013

SU REGGIO CALABRIA CITTA' DI POETI E SCRITTORI "CALA LA NOTTE"

 "CALA LA NOTTE " di Salvatore Marrari
Agostino d'Ippona (Sant'Agostino) interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell'aria diffusa e soffusa. Interroga la bellezza del cielo, interroga l'ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che si muovono nell'acqua, che camminano sulla terra, che volano nell'aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali ! Tutti ti risponderanno: Guardaci : siamo belli ! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole chi l'ha creata, se non la Bellezza Immutabile ? Tardi ti amai, bellezza cosí antica e cosí nuova, tardi ti amai. Sí, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lí ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace.

Sembra essere lo scritto e il pensiero più adatto a questa mia carrelata di fotografie scattate, ieri sera 10 settembre 2013, sul lungomare e al lido Genoese Zerbi di Reggio Calabria. Ma, molto più espressivi sono i versi di Matteo Paviglianiti poeta dialettale reggino (1874 - 1956), il quale fotografa a suo modo, con la fotocamera del suo pensare, questa nostra comune città bella per grazia di Dio, ma derelitta e ridotta "in fin di vita" da uomini incapaci e mezzetacche, figure maligne vestite in eleganza, ma lugubri come le arpìe (Questa specie sono divinità maligne pre-olimpiche rappresentate come donne alate o uccelli con il viso di donna e sono dette anche Cani di Zeus. In origine le Arpie agivano durante le tempeste marine rapendo i naufraghi. Poi i Boreadi (figli del vento Borea) le costrinsero a ritirarsi nelle isole Strofadi dove le trovò poi Enea come narra l'Eneide. La leggenda dice che erano rapititrici di bambini e che si divertivano un mondo ad infastidire il re di Tracia, Fineo, rubandogli il cibo. Le arpie sono la rappresentazione della morte violenta e prematura, esecutrici del volere degli dei).
Il caro Don Matteo, per l'amore di questa "metropolitana" città, così scriveva :


RRIGGIU  ‘I  NOTTI

Chi sira ‘i pararisu !
Chi aria di malìa !
Non c’è ‘na bava i ventu,
nta ‘sta marina mia.

Cu’ ‘st’aria duci duci,
‘u cori s’arricria,
‘stu mari carmu carmu,
rripigghia ‘a vita mia.

Supra di ‘sti barcuzzi,
quantu cori matati !
Su’ tutt’a ccor’a ccori,
d’amuri su’ pigghiati.

E vvoca chi ti voca,
nta chistu notru mari,
tuttu fosfariscenti
e chinu di lampari.

‘A notti sbrenduria,
pari ch’è cchinu ‘i fati,
l’acqua è tutta lucenti :
brilla di tutt’i lati.

E ccomu batti l’unda,
pari chi ssu brillanti,
viri milli culuri,
di strassi e diamanti.

E ss’a Sirena canta,
quando lu ventu taci,
su tanti  ddhi billizzi
chi cantanu li straci.

Marinareddhu, voca !
Voca puru piì mmia,
ch’u sangu, nta li vini,
tuttu furmiculia.

E’ giuvintù chi passa,
e passa com’o ventu,
gudimundi la vita,
chi ppo’ ven‘u turmentu !

Non altro c'è da dire, ci sono le mie foto da gustare ed esaminare per cui vi auguro UNA BUONA VISIONE.

Alla fine delle foto c'è il link che inserisce il video per rivedere il tutto con un classico ed adeguato sottofondo musicale.













































































CLICCA QUI PER IL VIDEO : http://www.youtube.com/watch?v=WPfJIHT1UZw

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